di Rita Cardelli e Valeria Rossi
Quelli che…fanno fatica ad addormentarsi, che non riescono a restare addormentati, che scalciano o digrignano i denti, che hanno un familiare che russa, quelli che dormono male perché di notte il respiro si interrompe pericolosamente…quelli che si sottopongono a ritmi di vita irregolari o troppo faticosi, quelli che soffrono di depressione o disturbi d’ansia…
Il sonno può essere definito un bisogno primario per il nostro organismo come bere, mangiare, respirare.
In una società dove in fondo il sole non tramonta mai, con alti regimi di mobilità, imprevedibilità e stress, l’insonnia è praticamente endemica ed interessa in modo persistente e cronico il 10% della popolazione generale, mentre circa il 20-30% ne soffre in modo transitorio.
Per insonnia si intende una condizione caratterizzata dalla difficoltà a prendere sonno o a mantenerlo durante l’intera notte, nonostante le condizioni favorevoli a dormire. Nella maggior parte dei casi si accompagna a sensazione di stanchezza, difficoltà di concentrazione, memoria, irritabilità che può influire negativamente sui rapporti affettivi e sociali.
Si può parlare propriamente di insonnia quando tali situazioni si manifestano per più di un mese.
In rapporto al momento in cui si verifica il disturbo del sonno si distinguono un’insonnia iniziale (difficoltà di addormentamento), un’insonnia intermedia (risvegli frequenti con difficoltà a riprendere sonno) e un’insonnia terminale (risveglio mattutino troppo precoce).
L’insonnia può avere una durata passeggera o diventare un disturbo persistente. Convenzionalmente si definisce transitoria quando si risolve nel giro di pochi giorni, di breve termine quando si mantiene per qualche settimana, cronica quando persiste per mesi o anni e si presenta più di tre notti la settimana.
I soggetti che sviluppano insonnia sono caratterizzati da una serie di fattori predisponenti quali familiarità, stile cognitivo ipervigile, età e genere.
L’esordio del disturbo è dovuto al verificarsi di fattori precipitanti o scatenanti che comprendono un’ampia gamma di elementi di natura transitoria quali eventi stressanti, problemi familiari, lavorativi, di salute. Solitamente, non appena essi si risolvono, anche l’insonnia va incontro a remissione.
Nel caso in cui persista intervengono alcuni fattori perpetuanti tra cui tutti quei comportamenti disfunzionali messi in atto per la paura di non riuscire a dormire o per compensare la perdita di sonno (per es. i sonnellini diurni) che, combinati a credenze negative (paura di non riuscire a dormire, ansia) mantengono nel tempo il problema.
Si parla inoltre di insonnia primaria quando l’alterazione del sonno non è causata dagli effetti di una condizione medica o dall’effetto di farmaci o sostanze d’abuso e secondaria, quando le cause sono ascrivibili a problematiche fisiche o psichiche. Qualunque sia l’eziologia dell’insonnia le linee guida ne consigliano il trattamento poiché ha effetti benefici sia sul sonno che sulla patologia correlata.
Il trattamento dell’insonnia cronica e primaria ha come obiettivo quello di migliorare le abitudini del sonno e i comportamenti a esso correlati.
I trattamenti principalmente utilizzati sono il trattamento farmacologico (ipnotici, antidepressivi, sedativi..), che dovrebbe essere limitato ad un breve periodo, e la terapia cognitivo comportamentale, approccio terapeutico d’elezione a livello internazionale che permette di gestire l’insonnia nel lungo periodo.
Il trattamento può essere effettuato sia in terapia individuale che di gruppo ed interviene principalmente sui fattori che comprendono i comportamenti disfunzionali messi in atto per riuscire a dormire, le credenze negative sul proprio sonno, l’ansia rispetto al pensiero di non dormire e promuovendo abitudini positive.
Per approfondimenti:
Violani C, Devoto A, Curare l’insonnia senza farmaci , Carocci Faber 2009.
Mennuni G, Mennuni M, Come vincere l’insonnia, Mondadori, 2010.
Espie CA, Superare l’insonnia, Eclipsi 2013.