a cura della dott.ssa Chiara Lignola

Di seguito riportiamo l’Intervista a Sarah Rugiadi, nipote di Frida Misul (3 novembre 1919-20 aprile 1992), ebrea livornese deportata ad Auschwitz-Birkenau nel 1944 e scampata all’olocausto, autrice di uno primissimi memoriali di deportati ebrei nei campi di sterminio nazisti “Fra gli artigli del mostro nazista: la più romanzesca delle realtà, il più realistico dei romanzi (e nel 1980 un altro volume di ricordi “Deportazione: il mio diario)

Ciao Sarah, hai sentito parlare di trauma intergenerazionale, credi che possa riguardare anche te e tua nonna?

 Sì, crescendo nei racconti di Auschwitz, questi ti si attaccano all’anima e forse, come uno studio sostiene, ti entrano nel dna. “Da Auschwitz non si esce mai” dicono molti sopravvissuti e aggiungo io “ci portiamo dentro anche chi ci ama”. 

L’esperienza di tua nonna dove riaffiora nelle tue idee e comportamenti quotidiani?

Ho una problematica tendenza a non gettare via nulla di commestibile, se avanza un tozzo di pane lo secco per farci il pangrattato, se avanza anche un pezzettino di carne lo surgelo. Ho dovuto comprare un pozzetto congelatore e ficcarlo nella mia piccola cucina.. Se proprio proprio mi trovo a dover gettare qualcosa di cibo avanzato sento un pugno nello stomaco. 

Che pensieri fai di solito quando provi questo pugno allo stomaco? Non so, non ho un pensiero consapevole ..non lo ricollego immediatamente a chi soffre la fame o l’ha sofferta. Semplicemente mi innervosisce tremendamente gettare cibo o sprecare acqua. Mi prende come una sensazione di forte imbarazzo, come se commettessi un piccolo crimine.

Nonna fra tutte le sofferenze patite ad Auschwitz ha sempre sottolineato la fame che la torturava. Mi ricordo che da piccola rovistando nell’armadio della sua camera da letto fra i vestiti trovai un barattolo di marmellata, chiuso. Stetti zitta e richiusi l’armadio , lo sapevo benissimo che senza rendersene conto nonna nascondeva il cibo.. Poi non ricordava neanche di averlo fatto. 

Questa fame terribile, che nulla ha a che fare con l’appetito, mi è sempre sembrato di sentirmela dentro.

E nelle relazioni con gli altri come ti ha condizionato?                                                                                                                          

Ho una diffidenza verso le istituzioni che sfiora l’anarchia. Non mi fido delle uniformi, dei giuramenti, delle armi, del potere. Non mi piacciono le azioni propagandistiche e scenografiche.. 

Non mi fido di chi non dubita mai, mi fa tremendamente arrabbiare chi non dubita mai. Non sopporto chi non prende posizione. 

Come spieghi questa rabbia?

Ho sempre capito dai racconti di nonna che fra i cattivi nazisti tedeschi e i poveri ebrei deportati in mezzo c’erano migliaia, milioni di persone di cui non si parla mai. Mi fanno paura queste persone, me le sono sempre immaginate li in mezzo sedute a guardare e ad additare con un ghigno schifoso in faccia. Forse mi hanno sempre spaventato più delle ss.

Quindi nella tua vita di tutti i giorni cosa implica?

Ogni volta che, anche per stupidaggini, qualcuno si tiene in disparte e non prende posizione ho delle reazioni spropositate.. Voglio sempre una reazione. Detesto chi non reagisce. Ora forse passati i 40 anni mi trattengo di più, capisco che è questione complessa prendere posizione. Ma ugualmente mi stimola rabbia immediata. E punzecchio, anche in malo modo

Credi che ci sia qualcosa che accumuna o differenzia i figli e i nipoti dei sopravvissuti all’olocausto?       

 Io ho qualcosa di veramente diverso da tanti figli e nipoti di sopravvissuti. Me ne rendo conto spesso. E taccio per non urtare la sensibilità di queste persone, ma so di essere profondamente diversa. È sentimento comune non voler perdonare …e ci mancherebbe, solo chi ha subito un torto può decidere se perdonare… ma mi sconvolge vedere quanto questo odio non possa andare oltre le generazioni. 

Puoi farmi qualche esempio?

Tempo fa fecero un documentario dove si incontravano nipoti di nazisti e nipoti di deportati, incontri di riconciliazione. Mi sarebbe piaciuto più di ogni altra cosa al mondo. Perché questi figli e nipoti di aguzzini sono in una posizione in cui non mi vorrei mai trovare. È facile essere nipote di una vittima (passami la frase), ma quanto deve essere difficile essere nipote di un carnefice? Mi piacerebbe incontrarli, riconciliarci.. Mi piacerebbe dire loro “non è colpa tua”. Ecco, sono pressoché l’unica. Conosco chi ha partecipato a questa esperienza e l’ha fatto controvoglia, con la nausea, con il desiderio di riversar loro addosso un “non TI perdono”. Mi sento sola in questo ma non in errore. Nonna era buona.. Non ha mai perdonato i suoi aguzzini, ma sono sicura che avrebbe avuto i miei stessi sentimenti nei confronti di chi ha avuto la sfortuna di nascere “sullo scoglio sbagliato”

Quindi hai un’avversione spiccata per le imposizioni e le ingiustizie e convive con un’estrema astensione anche dal giudizio?   Come convivono questi aspetti?

Mi spaventa tanto chi invece vuole limitare diritti e libertà e chi collabora da spettatore silenzioso. Mi piace la diversità, mi piace il fatto che in casa mia ognuno creda  in cosa gli pare o non creda in nulla..siamo un minestrone. Si fa il presepe e si accendono le luci di Hanukkà. Affronto la diversità con curiosità.                                                                                                                                          Detesto profondamente chi baratterebbe l’ordine con la libertà.. In realtà è paura profonda la mia.

Una cosa che ho sempre detto è che mia nonna fu arrestata perché era un’ingenua. Forse per questo cerco sempre il sottotesto di ogni discorso. Sono accogliente, socievole. Ma se dici qualcosa che non mi torna non ci dormo

In altri modi credi ti abbia segnato l’esperienza di nonna?

 Non voglio figli.Chissà, semplicemente non ne voglio come tante donne e uomini.. O qualcosa in me ha fatto click tanto tempo fa? Ogni volta che un’amica mette al mondo un bambino penso “che coraggio”. Sempre. 

Cosa intendi con “che coraggio”? 

Sicuramente non sono portata ad avere figli, non ho interesse ad arricchire la mia vita con un figlio..ma c’è anche una piccola componente di sfiducia. Pur vedendo che c’è del buono nel mondo , e menomale, vedo ancora tante difficoltà ed ingiustizie, tante intolleranze. Per tante cosiddette “minoranze” la strada è ancora molto in salita. Ci vuole coraggio a mettere al mondo un figlio, ci vuole tanta forza per educarlo alla giustizia, ci vuole tanta speranza per non pensare “come sarà dura per te”. Ogni volta che un telegiornale da la notizia, ad esempio, di un omosessuale picchiato o di un diversamente abile vessato penso “e ancora avete il coraggio di mettere al mondo figli? Siamo nel 2021 e ancora torniamo indietro”

Grazie per esserti prestata a questa intervista. Cosa significa per te parlare della storia di tua nonna?

Ne parlo spesso, da anni.. Anche negli incontri di testimonianza.Non mi sottraggo mai alle domande, non mi creano disagio 

Uguale a nonna, che non nascondeva il tatuaggio e su Auschwitz era logorroica

Uguale a mio padre . Non per tutti è così, ad esempio un amico di Roma che ha avuto la stessa esperienza mia, e la nonna sua ha conosciuto la mia ad Auschwitz, ha sempre avuto enorme difficoltà a farsi raccontare da sua nonna l’esperienza vissuta. Non ne ha mai voluto parlare , “Lasciami in pace Elio” gli diceva.Noi il contrario.. “Basta nonna!” Una signora che ho conosciuto tappava il tatuaggio con un cerotto,nonna secondo me portava le maniche corte anche di inverno per farlo vedere.

Io e mio padre avendo vissuto questo debordante bisogno di lei di parlarne lo viviamo in modo “naturale” Io ero piccina e giocavo a casa di nonna fra bamboline e foto di Auschwitz che lei usava nella testimonianza. Pare che anche questo non sia molto comune.Tanti hanno taciuto come per vergogna.. Per dolore. Noi se non se ne parla è come se venissimo meno ad un dovere.

Per approfondimenti 

Lignola C. & Pappalardo D. 

Diario di Frida Misul http://www.comune.livorno.it/_cn_online/index.php?id=422

Letteratura consigliata 

Freud S. (1905), Il motto di spirito, trad. it. in Opere, vol. V, Boringhieri, Torino, 1972.

Lignola et al. (2015). Doc, religiosità e sensibilità alla colpa. Uno studio correlazionale. APC. VI Forum sulla Formazione in Psicoterapia, Assisi. 

Yehuda R. (2015). How Trauma and Resilience Cross Generation” On being with Krista Tippett. July 30).

Yehudi R (2016). Holocaust Exposure Induced Intergenerational Effects on FKBP5 Methylation. Biological Psychiatry A Journal of Psychiatric Neuroscience and Therapeutics. September 1, 2016Volume 80, Issue 5, Pages 372–380