a cura del dott. Dario Pappalardo

H. Schultz (1884 – 1970) è stato uno psichiatra e psicoterapeuta tedesco, famoso per aver ideato e sviluppato il metodo del Training Autogeno (T.A.)f, un protocollo finalizzato all’autodistensione mediante la concentrazione psichica, che consente di modificare situazioni psichiche e somatiche. L’autore si distaccò dal movimento psicoanalitico, allora regnante nel panorama psicoterapeutico, ed elaborò la propria metodologia, a partire dalle applicazioni dell’ipnosi, ponendo maggior enfasi sulle modificazioni neurofisiologiche a questa connesse piuttosto che sui dinamismi psicologici profondi. Schultz si rese infatti conto, praticando l’ipnosi, che la semplice suggestione di uno stato di calma e di concentrazione psichica passiva determinava uno stato di ipotonia muscolare più o meno generalizzato. Nell’ottica di rendere la persona assistita meno vincolata alla dipendenza del terapeuta, per divenire lui stesso autore del proprio cambiamento e del proprio benessere, Schultz definì il T.A. come un metodo di autosuggestione, più propriamente concentrazione, consapevole ed intenzionale, migliorabile con l’allenamento, e l’etimologia stessa reca in sé questi significati: “Training” significa proprio “allenamento” mentre “Autogeno” deriva dal greco “autòs” e “genos” e richiama il concetto di generazione spontanea, letteralmente “che si genera da sé”. La sua pratica regolare determina infatti delle modificazioni spontanee dell’organismo attraverso la concentrazione passiva da parte del soggetto sul proprio corpo e l’utilizzo di particolari formule immaginative a supporto.

Ogni rapporto con il mondo esterno si associa a uno stato di tensione: non c’è nulla che facciamo nella vita quotidiana che non implichi necessariamente il mettere in tensione dei gruppi muscolari; se abbiamo un timore ci sentiamo tesi, poiché tutta la nostra muscolatura è contratta. Anche il semplice riflettere o il pensare di fare qualcosa attiva contrazioni muscolari nell’area di interesse. L’allenamento agli esercizi del T.A. ci offre la possibilità di realizzare il contrario di ciò che può produrre uno stato di tensione, vale a dire distensione neuromuscolare, passività psichica, progressivo restringimento del campo della coscienza. È proprio l’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva, studiati e concatenati in una sequenza standard, che conducono progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni del tono muscolare, della funzionalità vascolare, dell’attività cardiaca e polmonare, dell’equilibrio neurovegetativo e dello stato di coscienza; il preciso e costante allenamento a tali esercizi porta a modificazioni gradatamente sempre più valide, precise, consistenti ed è il cardine su cui ruota tutto il metodo.

Gli esercizi del T.A. hanno lo scopo di farci raggiungere, a differenza dell’ipnosi con gli stati ipnotici, lo stato autogeno, una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata nella indifferente contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente. Questo atteggiamento porta a spontanee modificazioni psichiche e somatiche di senso opposto a quelle provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia e di stress: si determinano allora distensione muscolare e vascolare, rilasciamento viscerale, sensazione di calore per il corpo, regolarizzazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali; infine, una piacevole sensazione di freschezza alla fronte che corrisponde a uno stato di calma, di benessere, di pace interiore.

Le applicazioni del T.A. nella vita di tutti i giorni, quindi non solo nella clinica, sono molteplici: ad esempio può essere utilizzato per modificare la propria sensibilità agli stimoli dolorosi, ansiosi o stressanti, per combattere lo stress, le tensioni muscolari e psichiche, la mancanza di energia, l’ansia e le sue somatizzazioni organiche (e.g.: tremori, insonnia, sudorazione, tachicardia, oppressione toracica). Tramite la ripetizione mentale di specifiche frasi e immagini riusciamo ad attivare una particolare area sita nell’ipotalamo che, essendo a sua volta responsabile della stimolazione del sistema parasimpatico, produce fenomeni quali la riduzione del ritmo cardiaco, la riduzione della frequenza respiratoria, il rilasciamento viscerale e muscolare, ottenendo così uno stato del tutto simile a quello che si ottiene durante il sonno, ma senza la caratteristica perdita di coscienza. La “concentrazione passiva” caratterizza il training autogeno sia come atteggiamento mentale, sia come strumento tecnico. Essa si verifica su un doppio registro: da un lato c’è l’impegno attivo dell’allenamento e l’attenzione intenzionale sul contenuto della formula verbale e immaginativa (ad es “il mio braccio destro è calmo”); dall’altro la totale indifferenza e passività per quanto riguarda il risultato (ad esempio il sentire la parte del corpo pesante).

Nello specifico, durante una seduta di T.A.:

  • Il metabolismo rallenta
  • L’afflusso di sangue a muscoli e cuore diminuisce
  • Aumenta il trasporto di ossigeno al cervello
  • Le pupille si restringono
  • Il sistema nervoso centrale si libera dallo stato di eccitazione

Attraverso la pratica costante della tecnica si possono ottenere innumerevoli benefici per l’organismo, quali ad esempio

  • Un più profondo e rapido recupero di energie
  • Autoinduzione alla calma, ottenuta mediante il rilassamento, che con l’allenamento diventa un atteggiamento esistenziale di fondo
  • Miglioramento di alcune capacità cognitive (memoria e concentrazione)
  • Diminuzione della percezione del dolore
  • Introspezione e maggiore consapevolezza di sé
  • Riduzione, e in molti casi scomparsa, di sintomi psicosomatici (cefalee, gastriti, coliti ecc.).

Il T.A. è costituito da due serie di esercizi; la prima, inferiore o somatica; la seconda, superiore o psichica. Nella prima la concentrazione mentale è rivolta a particolari sensazioni somatiche e corporee; nella seconda a particolari rappresentazioni psichiche. Il training prevede che la successione degli esercizi segua una gradualità nella complessità degli esercizi proposti, partendo dal primo che è il più semplice. In questa sede illustriamo solo questi primi, gli esercizi inferiori:

  • Pesantezza: Schultz (1968) si era accorto, praticando l’ipnosi, che la suggestione di uno stato di calma determinava costantemente uno stato di “ipotonia” più o meno generalizzato. L’allenamento a questo stato di ipotonia costituisce il primo esercizio, quello della pesantezza, che consiste nella realizzazione, in modo sempre più completo e generalizzato, di uno stato di distensione neuromuscolare, passività psichica e progressivo restringimento dell’attività della coscienza. La formula da recitare è: “Il mio (braccio, piede, gamba…) è pesante”, da ripetere 5-6 volte e passando in rassegna tutto il corpo, fino ad arrivare ad affermare che “tutto il mio corpo è completamente pesante ed io sono completamente calmo”.
  • Calore: L’ipotonia che si raggiunge non è soltanto della muscolatura volontaria, ma anche della muscolatura delle pareti vascolari; si viene allora a determinare un’iperemia obiettivamente controllabile, con aumenti di temperatura locale; l’allenamento alla percezione di queste modificazioni circolatorie periferiche costituisce l’esercizio del calore. La formula è: “Il mio (braccio, piede, gamba…) è caldo”, da ripetere 5-6 volte e passando in rassegna tutto il corpo, fino ad arrivare ad aggiungere che tutto il corpo è “completamente caldo ed io sono completamente calmo”.
  • Cuore: Di solito tendiamo ad ignorare il nostro cuore: soltanto una situazione patologica, uno stato di tensione emotiva, una necessità di maggiori prestazioni ci fanno percepire la sua presenza. Con una miglior conoscenza del nostro corpo, il T.A. ci offre nel terzo esercizio, l’esercizio del controllo cardiaco, la possibilità di percepire i battiti del nostro cuore. È una percezione insolita, ignorata, possibile soltanto dopo un certo allenamento a questa introspezione somatica, che ci dà la rassicurante consapevolezza del cuore che batte calmo, ritmico, regolare, così come lo percepivamo nel grembo materno. La formula da recitare è: “Il mio cuore batte calmo e forte”.
  • Respiro: La passiva e indifferente contemplazione che si realizza nella concentrazione psichica dell’esercizio del respiro offre la sempre più precisa sensazione che il respiro vada da solo; non è più il complesso psicosomatico, l’unità biopsichica, l’Io che respira, ma la massa calda e pesante del corpo che respira da sola, del tutto distaccata da una psiche che si fa gradatamente sempre più passiva, quasi assente. La formula è: “Il mio corpo respira” oppure “Dentro di me il respiro è molto calmo”.
  • Plesso Solare: Dopo i visceri toracici, la concentrazione psichica si orienta ai visceri addominali; l’esercizio relativo è quello del plesso solare. L’allenamento al quinto esercizio inferiore porta facilmente alla realizzazione di una distensione, di un’armonia funzionale, una sensazione di equilibrio e di calore negli organi addominali, poiché è proprio dal plesso solare che viene controllata la funzionalità di tutti gli organi. La formula da recitare è: “Il mio plesso solare è irradiato di calore”.
  • Fronte Fresca: L’ultimo degli esercizi del ciclo inferiore è il cosiddetto esercizio della freschezza alla fronte, durante il quale la fronte viene percepita come staccata dalla massa calda e pesante del corpo. Contrariamente alla sensazione di calore alla testa, che può esser percepita durante uno stato di tensione, di ansia, di stress (es. quando proviamo un’emozione di rabbia o vergogna), la realizzazione dello stato autogeno comporta una gradevole sensazione di fresco che viene vissuta come uno stato di calma, di vuoto psichico, di pace interiore. La formula è: “La mia fronte è piacevolmente fresca”.

 

Bibliografia

Hoffmann B.H. (1980). Manuale di Training Autogeno, Astrolabio
Schultz, JH (1991), il Training Autogeno. Milano, Feltrinelli.