a cura della Dott.ssa Giovanna Panichi della Dott.ssa Giulia Vincenti
Ah!ah!ah! Sento le mie figlie sghignazzare sul divano osservando il cellulare…
“Cosa guardate?” chiedo. “Video su TikTok”, mi dicono. Allora mi avvicino per capire di cosa si tratti e vedo una ragazza molto bella che finge di svolgere faccende domestiche, parlando con una voce da cartone animato (tipo Paperino, per intenderci), poi passa un video dove due giovani si scambiano battute in dialetto meridionale, esagerando la mimica facciale.
Incuriosita, chiedo spiegazioni: “Fino a qualche tempo fa, andavano di moda i filmati dove si ballava e cantava una canzone famosa, quelli dove i movimenti del corpo vengono velocizzati, mentre le labbra seguono le parole al tempo giusto, ma adesso soprattutto sono in voga i video parlati con voci proprie e non, oltre alle varie challenge”. E, per farmi un esempio, mi mostrano un filmato dove un signore anziano viene invitato dalla nipote a salutare qualcuno alla videocamera, ignaro di star pronunciando una “parolaccia”. Mi raccontano di trovare questi video molto divertenti e di guardarli principalmente nei momenti di noia, nel tempo libero. Chiedo se ne hanno mai registrato uno: “Ovvio! Con le nostre amiche! Facciamo un sacco di risate quando li giriamo e poi è piacevole ricevere i like e i commenti degli amici dopo la pubblicazione”.
Ecco, questo è il racconto di una madre come molte altre che, nella quotidianità, offre l’esempio di ciò che pensa la maggior parte degli utenti di TikTok e, insieme, della scarsa conoscenza, in proposito, dei loro genitori.
Ma vediamo di cosa si tratta.
TikTok nasce nel 2016 a Pechino, grazie ad Alex Zhu e Luyu Yang con la mission di divertire i più giovani e, conosciuta inizialmente come musical.ly, l’app ad oggi raggiunge mezzo miliardo di utenti in tutto il mondo, di cui 2 milioni e mezzo solo in Italia, la maggior parte minorenni e per il 65% di sesso femminile. Il nome del social, TikTok, sembra alludere al suono ritmico di un ticchettio di orologio, simbolo della natura breve dei video.
Ogni giorno infatti su TikTok 150 milioni di utenti attivi rompono la monotonia della vita reale e utilizzano il loro account (gratuito) per condividere video che non superano i 60 secondi di lunghezza, personalizzandoli attraverso un ampio toolkit di editing, fatto di filtri ed effetti, oltre che di una vasta libreria musicale. Naturalmente, gli utenti di TikTok possono seguire gli account che preferiscono e esprimere i loro like con un cuoricino, commentare o ricondividere i video favoriti e, grazie ad un algoritmo, ottenere suggerimenti in tempo reale su altri filmati dello stesso genere da visionare.
Ma perché i giovani sono attratti da questo tipo di piattaforme digitali?
Sappiamo che il tema centrale dell’adolescenza è la ricerca dell’identità (Erikson, 1968) e la possibilità di poter interagire con l’altro è essenziale, perché l’altro molto spesso funge da specchio: attraverso tale reciprocità, verbale e non verbale, il Sé ha la possibilità di confrontarsi e quindi di crescere. Molti ricercatori inoltre concordano nel dire che per la maggior parte degli adolescenti di oggi un mezzo efficace per lo sviluppo della propria identità possa essere rappresentato proprio dai social network (Katz & Rice, 2002; Turkle, 2005).
Perché proprio TikTok?
Il mondo digitale, abile conoscitore-inseguitore, dei bisogni e delle esigenze psicologiche collettive, soprattutto nelle fasce specifiche dello sviluppo, quale l’infanzia e l’adolescenza, in cui la mente è facilmente modellabile, produce applicazioni perfettamente adeguate ai vari step evolutivi e in questo caso TikTok risponde ad una serie di necessità dell’adolescenza:
- la quasi esclusività: è il social della generazione Z (ossia l’insieme di coloro che sono nati tra il 1996 e il 2010); non è quindi “popolato” dalla fascia di cui fanno parte genitori, zii e magari nonni, come può capitare invece su social come Facebook, per cui i ragazzi sono protagonisti assoluti di un proprio spazio in cui esprimersi;
- lo svago: la maggior parte dei brevi video su TikTok sono principalmente spiritosi, umoristici e divertenti. Allo stesso tempo, anche il processo di realizzazione di questi filmati diventa un piacere e un piacersi, una scarica dopaminergica sempre alla portata di click;
- il ruolo di performer: a differenza degli altri social, gli utenti su TikTok hanno un nome specifico e sono noti come musers o TikTokers; si comportano quindi come performer, e si possono esibire davanti ad una platea immensa. Tutto ciò risponde all’esigenza dei ragazzi di definire la propria identità sociale attraverso l’immagine di sé che creano e proiettano all’esterno;
- la condivisione di video: TikTok è videosharing, il linguaggio e il formato preferito dai ragazzi;
- la rapidità di accesso: TikTok è caratterizzata dalla brevità (un video dura dai 15 ai 60 secondi) e quindi da un consumo frammentato e veloce, che risponde esattamente alle modalità di fruizione mediale dei più giovani.
- la possibilità di espressione creativa: TikTok offre la possibilità agli adolescenti di comunicare la propria creatività, inventando balletti, coreografie, scenette buffe, aggiungendo effetti speciali, suoni, distorsioni o manipolazioni;
- il principio del modeling, che è basato sulla logica MEME: su TikTok esistono dei veri e propri modelli da imitare;
- la competitività attraverso le “challenge”: le sfide animano questo social e nello specifico ognuno può, pubblicando un video relativo ad una tematica, lanciare una sfida agli altri che a loro volta dovranno pubblicare nuovi file multimediali in cui ripeteranno la stessa azione, con lo stesso sottofondo musicale e gli stessi effetti. Nelle challenge, e più generale nella catena che esse attivano, viene in qualche modo soddisfatto anche il bisogno di appartenenza ad un gruppo, tipico specialmente dell’età adolescenziale. I video diventano mezzo per mostrare agli altri cosa si è in grado di fare, ma anche il proprio stile e la propria personalità, rispondendo ad una “moda” o tematica diffusa nel gruppo, al fine di farsi accettare.
Le sfide TikTok permettono agli adolescenti di avere una testimonianza diretta di pensieri e opinioni degli altri (like espressi con “cuoricini”, condivisioni e commenti) e, di conseguenza, suggeriscono una considerazione di sé positiva o negativa. Per rimanere in linea con il gruppo, l’adolescente tende ad adeguare costantemente il suo comportamento al feedback che il gruppo restituisce, in modo da seguirlo e imitarlo.
L’essere notati, riconosciuti e apprezzati diventa un vero rimando al sé e al proprio modo di essere, spesso al pari e, forse anche di più, dei feedback ricevuti nella realtà da amici e parenti rispetto alle proprie azioni e modi di essere. Di conseguenza, l’accettazione ha effetti positivi sulla propria autostima: l’essere popolari fa sentire più sicuri e “forti”.
Quando però il proprio video non riceve i like desiderati e aspettati, si potrebbe avere un rimando a sé negativo, con sensazioni ed emozioni negative e una difficoltà nel costruire un senso di appartenenza al gruppo. Per i giovani, infatti, soprattutto per quelli maggiormente influenzabili, i commenti negativi, i modelli fisici irraggiungibili e la necessità di raccogliere sempre più follower, può portare allo sviluppo di convinzioni per cui, per farsi accettare dagli altri, per essere etichettati come persone conosciute, alla moda e popolari sia necessario assomigliare ai top tiktoker. Il meccanismo dei like crea dunque un’associazione deformata tra la propria autostima e il numero di consensi ricevuti: “meno ne ricevo, meno piaccio”: il valore personale si misura sul grado di popolarità.
Non di rado, del resto, su TikTok, si verificano casi di giovani che, non appartenendo a determinati “canoni di bellezza” richiesti, vengono pesantemente criticati, cadendo vittime di cyberbullismo, con fenomeni di esclusione e denigrazione.
Per non parlare del fatto che passare troppo tempo online, più che offline, aguardare le vite degli altri e confrontarsi continuamente con le prestazioni altrui, può generare sentimenti di solitudine.
Che fare dunque per non incorrere nei rischi da TikTok addiction?
Il primo passo per i genitori è informarsi e “formarsi” prima di emettere giudizi: gli adulti possono avere carenze tecnologiche, che lifanno rinunciare totalmente all’“abitare” in modo sano e portando dei valori, questispazi social.
Occorre inoltre “allearsi” con i propri figli, cercare di discutere in modo equilibrato di potenzialità e di pericoli, mettere quindi sui due piatti della bilancia vantaggi e svantaggi, e aiutare il ragazzo a fare altrettanto, puntando sul suo spirito critico (Celi, 2018)
È utile sapere che, una volta accettati i termini e condizioni del social, ogni video postato su TikTok può essere diffuso su altre piattaforme anche all’insaputa dell’utente. A tutela dell’adolescente è quindi necessario:
- non postare nulla che non si vuole venga visto anche da persone estranee alla propria cerchia di interessi;
- impostare la voce riguardante la privacy in modo da non consentire ad altri di scaricare i propri video e limitare la possibilità di renderli visibili solo a contatti noti;
- non pubblicare contenuti che potrebbero offendere le persone riprese (il cyberbullismo è un reato molto grave);
- non riportare come “nome utente” i reali nomi e cognomi;
- disattivare la geolocalizzazione;
- non utilizzare password facilmente indovinabili (es. proprio nome con anno di nascita, data di nascita…);
Per concludere, ricordiamo la massima del filosofo francese Joseph Antoine René Joubert :“I giovani hanno più bisogno di esempi che di critiche”.
Per approfondimenti:
- Celi F., La psicoterapia in età evolutiva, Hogrefe, Firenze 2018.
- Erikson E.H. (1968). Identity, Youth and Crisis, trad. it. Gioventù e crisi d’identità, Armando, Roma 1974.
- Katz E.J., Rice E.R., Social Consequences of Internet Use: Access, Involvement, and Interaction. MIT Press, Cambridge 2002.
- Turkle S., Vita sullo schermo: nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Internet, Apogeo, Milano 2005.
- Zuo, H., & Wang, T., Analysis of TikTok User Behavior from the Perspective of Popular Culture. Frontiers, in Art Research, 1(3), 2019.