A cura della Dott.ssa Chiara Del Nero e della Dott.ssa Lavinia Rossi
Si sono son già spese tante parole su questo diamante appena uscito e già da guinness, anche dal punto di vista della sensibilità a tematiche umane da sempre esistite ma discusse apertamente oggi più di ieri: timore del giudizio, senso della vita, pensieri suicidari, ansia sociale, evitamenti come tentativo di soluzione inutile e controproducente nel lungo tempo… “Strappare lungo i bordi” è un prezioso tuffo in una ordinaria seduta di psicoterapia in cui gli eventi della vita, che non va mai secondo le nostre aspettative, le emozioni allegate e le reazioni innescate si aggrovigliano nel tentativo di individuare il bandolo alla fine.
Unico difetto? Dura troppo poco.
Come un tuffo, appunto, da una scogliera altissima per immergersi, con impatto deciso e sovente doloroso, nel profondo e fragile esistere umano per poi riportarci su, in superficie senza fiato ma cambiati dall’esperienza straordinaria appena vissuta. La vita, unica e carica di responsabilità reali e immaginarie, di dolore, di paure, di gioie, di sorprese, di noia, di uscite, di rifiuti che, se affrontata come un filo d’erba nel prato, può essere sorprendente. Possiamo imparare a farci accarezzare dagli eventi senza restarne sopraffatti. Eh già, spesso ne restiamo sopraffatti, impegnati nella ricerca vorticosa di apparenza, schiacciati dal peso invisibile della colpa e dalla sensazione di non essere mai abbastanza, di essere sbagliati, affamati di vicinanza umana ma troppo spaventati per chiederla.
E allora si sta lì, sospesi, indecisi, rimuginanti e bloccati dietro a monitor, a spiare i successi degli altri per sentirci più soli.
Sei sono gli episodi che, con la sincerità di chi questa sofferenza l’ha attraversata, spiegano come le cicatrici date dai rifiuti, dai fallimenti, dagli errori, dalle perdite altro non sono che medaglie. Si, medaglie per aver partecipato alla vita e avercela messa tutta per cavalcare l’onda nel turbinio di eventi, incontri, scelte giuste e sbagliate, comportamenti, bias cognitivi (“seghe mentali” per i non addetti ai lavori) automatismi, ragionamenti ed evitamenti che ci portano a fondo.
Per gli addetti ai lavori questa serie può rappresentare una supervisione.
Mettiamoci li e facciamoci guidare (per gli over 30 si consiglia una visione a velocità 1x come i vocali di WhatsApp).
La psicoterapia è un percorso.
Se analizziamo questa storia, non si attende un esito o una fine. Ci si aspetta forse la ricerca del posto fisso, forse il rito di passaggio da uno status a quello dettato dalla società o dalle ambizioni della propria cerchia familiare o amicale, non si percepisce l’obiettivo che si fissa durante le prime sedute con i nostri pazienti.
La serie “no logo”, può fornire varie letture, basta cercare, non senza difficoltà, le scritte sui muri dietro o davanti i personaggi. È indubbio fare una riflessione sulla fatica che a volte è necessaria per comprendere colui che settimanalmente in un’ora ci dovrebbe spiegare il suo vissuto, scopi di vita, etc etc.
Un’operazione in sala chirurgica dove i terapeuti fanno immersione; pensiamo al nostro disappunto quando veniamo interrotti?
Ma andiamo avanti…
Non è intuibile dal comportamento e dai personaggi (qui citeremmo Watson per la terapia comportamentale), nonostante la presenza di comportamenti reiterati, quale sia il nodo cruciale di questa storia. Durante le mini pillole di questo fumetto, che sarà difficile da dimenticare, è da rilevare reiterazione e frequenza degli agiti dei diversamente giovani, mancata ricerca della ricompensa, “abitudine all’abitudine” e forse anche il più esperto dei terapisti si chiederebbe: “e ora che facciamo? Che tecnica usiamo?”
Impossibile andare avanti senza dover necessariamente svelare o spoilerare la serie.
Una sequenza mixata di coscienza “animalesca” teneramente implosiva, risposte condizionate, voci fuori campo (sarà rimuginio, sarà pensiero di sottofondo), e una soundtrack anch’essa sulla lunghezza d’onda del vissuto dei personaggi che riporta ai video (alcuni hanno fatto davvero la storia) in sole poche note.
Sempre per la nostra supervisione, caro Zero, gli “operai” come noi dovrebbero ringraziarti, perché niente è scontato a 20 -30 -40 e 80 anni.