a cura della dott.ssa Chiara Lignola.
“E’ un po’ come quando ti guardi allo specchio e dici il tuo nome. E arrivi a un punto in cui niente ti sembra più reale. Ecco qualche volta riesco a farlo, ma non ho bisogno di fissare la mia immagine per un’ora. Succede molto in fretta: quello che ho intorno inizia a scivolare via. E io mi limito ad aprire gli occhi e non vedo niente. Poi inizio a respirare molto forte, cercando di distinguere qualcosa. Ma niente, Non capita sempre; ma quando capita, ho paura”.
Dal romanzo “Ragazzo da parete” di Stephen Chbosky
“Scusa, mi sono dissociato un attimo” Cos’è la dissociazione? Sicuramente un fenomeno non così lontano dall’esperienza comune.
“Will I always feel this way, so empty so estranged?” canta Ray LaMontagne nella canzone “Empty” colonna sonora di un film dove si trovano esempi di trauma e dissociazione a partire dal titolo stesso “Detachment”.
La letteratura, il cinema, la musica, l’arte in generale, infatti, sono pieni di riferimenti alle esperienze dissociative. Per citare solo due classici, troviamo descrizioni di esperienze dissociative tra le parole di Luigi Pirandello in “Uno, nessuno e centomila” o nel racconto “La metamorforsi” di Franz Kafka. Nella storia dell’arte il Surrelaismo si proponeva “il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione” (Breton, 1924), definito da Galetta (2017) come “un tentativo programmatico di fondare una vera e propria cultura della dissociazione creativa”.
Esperienze comuni di dissociazione le possiamo vivere ogni giorno. Pensiamo a quando, alla guida di un mezzo, a un certo punto arriviamo alla meta senza avere memoria e consapevolezza del tragitto fatto perché assorti nei nostri pensieri oppure quando leggiamo un testo ma non ricordiamo immediatamente nulla di quanto appena letto perché abbiamo pensato a ben altro.
L’esperienza dissociativa può essere anche sperimentata attraverso l’assunzione di sostanze psicotrope, oppure attraverso il ricorso a specifiche tecniche di meditazione profonda Di Fiorino & Del Debbio (2009) citano ad esempio anche le danze parossistiche come quelle dei dervisci roteanti o le esperienze di Salvador Dalì (Galetta, 2017).
Generalmente siamo quindi in grado di perderci nei nostri pensieri e e di riprendere poi successivamente il controllo delle funzioni mentali.
La dissociazione è dunque principalmente un processo di disintegrazione: la mente viene a perdere la sua capacità di integrare alcune funzioni superiori, avviene una disconnessione nel pensiero, nella memoria e nel senso di identità di una persona (Dutra et al. 2009, Waller et al. 1996) e come per molti altri fenomeni psichici essa, in un’ottica dimensionale, sta su un continuum che va, come abbiamo visto, da esperienze comuni dissociative a un vero e proprio disturbo dissociativo dell’identità.
Dal punto di vista psicopatologico con il termine dissociazione si può far riferimento a più dimensioni: sia alla categoria diagnostica dei Disturbi Dissociativi (DSM V. 2013), sia i sintomi dissociativi della coscienza, sia alcuni processi psicopatogenetici causati da esperienze traumatiche che interferiscono con l’ntegrazione delle funzioni psichiche, presenti sia nei disturbi dissociativi che in altre categorie diagnostiche (Farina e Liotti, 2011).
Esistono varie forme di dissociazione, o meglio vari sintomi con i quali si possono manifestare dei processi disintegrativi.
Alcuni autori (Brown 2006; Holmes et al., 2005) hanno proposto una classificazione dei fenomeni dissociativi suddividendoli in fenomeni da detachment (letteralmente distacco o alienazione) e i fenomeni da compartmentalization (compartimentazione).
Durante i sintomi di detachment la persona si sente alienata dalle proprie emozioni, dal proprio corpo, dal senso usuale della propria stessa identità, di familiarità di realtà ambientali nota. Tali sintomi prevedono un’alterazione delle esperienza cosciente di sé (depersoanlaizzazione) e un’alterazione del proprio mondo circostante (derealizzazione).
Per depersonalizzazione si intendono le esperienze durante le quale si ha la sensazione di essere separati dal sé come durante l’anestesia emotiva transitoria (emotional numbing), le esperienze di déjà vu, di autoscopia (out of body experiences) di essere lontani dal proprio corpo tanto da poterlo osservare dall’esterno o di essere staccati da esso o da parti di esso, il vuoto mentale o buco nero, la sensazione di sdoppiamento, di osservare le proprie azioni senza esserne i soggetti ecc.
Per derealizzazione si intendono la sensazione di essere separati dal mondo esterno, come da un vetro e può assumere la forma di dispercezione (gli oggetti possono cambiare forma, contorni, misura) oppure la sensazione che luoghi o persone conosciute possano apparire poco familiari addirittura del tutto sconosciuti, le forme di perdita e/o alterazione della vigilanza (dal torpore allo svenimento), le modificazioni qualitative dello stato della coscienza come il disorientamento spazio temporale.
Avete mai provato esperienze simili? Di solito sono attivate da emozioni forte intensità per lo più percepite come minacce dalla nostra mente (Lanius et al. 2010a) e possono dunque essere esperiti da chiunque in particolari situazioni e circostanze.
I sintomi da compartimentazione, invece, riguardano processi dissociativi messi in moto dai traumi che ostacolano le operazioni di sintesi, integrazione e regolazione degli stati dell’io e delle funzioni normalmente integrate come la memoria, l’identità, lo schema e l immagine corporea, il controllo delle emozioni e dei movimenti volontarie. In questi casi non è presente dunque un senso di sé unitario e coeso in chi li manifesta.
Esempi di sintomi da compartimentazione sono la fuga dissociativa (l’allontanamento improvviso e inaspettato accompagnato dall’incapacità di ricordare il proprio passato e la confusione circa la propria identità), le distorsioni della memoria, l’amnesia dissociativa, stati dell’io non integrati, l’emersione delle memorie traumatiche, la dissociazione somatoforme (sintomi da conversione, sindromi pseudoneurologici, dolori psicogeni acuti, dismorfofobie),l’alterazione del controllo delle emozioni e dell’unità dell’identità (personalità multiple alternanti).
Questi sintomi, a differenza della prima categoria, sono tipicamente conseguenze dello sviluppo traumatico (soprattutto sul piano relazionale) e sembrano alterare la struttura stessa della personalità dell’individuo compromettendo le sue relazioni interpersonali (Carlson et al. 2009;Chu 2010; Classen et al. 2006; Herman 1992a; Lanius et al. 2010a; Liotti e Farina 2011; Van der Kolk 2005; van der Kolk et al. 2005).
Bibliografia di riferimento
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition. Arlington, VA, American Psychiatric Association.
Brown RJ (2006). Different types of dissociation have different psychological mechanisms. J Trauma Dissociation, 7(4), 7-28.
Carlson EA, Yates TM, Sroufe LA (2009). Dissociation and the Development of the Self. In Dell P, O Neil JA (Eds.), Dissociation and Dissociative Disorders: DSM-V and beyond. New York: Routledge. Chu JA (2010). Posttraumatic stress disorder: Beyond DSM-IV. Am J Psychiatry, 167(6), 615-617.
Classen CC, Pain C, Field NP, Woods P (2006). Posttraumatic personality disorder: a reformulation of complex posttraumatic stress disorder and borderline personality disorder. Psychiatr Clin North Am, 29(1), 87-112, viii-ix.
Dutra L., Bureau J. F., Holmes B., Lyubchik A. & Lyons-Ruth K. (2009), Quality of early care and childhood trauma: A prospective study of developmental pathway to dissociation. Journal of Nervous and Mental Diseases, 197, 6, pp. 383-390.
Farina, B., Liotti, G. (2011). Dimensione dissociativa e trauma dello sviluppo. Cognitivismo Clinico, 8, 1, 3-17
Galetta, G. (2017). Surrealismo e dissociazione creativa: il caso Dalí e gli effetti delle droghe sulla creatività artistica contemporanea. 268-285.
Herman JL (1992a). Complex PTSD: A syndrome in survivors of prolonged and repeated trauma. Journal of Traumatic Stress, 5(3), 377-391.
Holmes EA, Brown RJ, Mansell W, Fearon RP, Hunter EC, Frasquilho F, Oakley DA. (2005) Are there two qualitatively distinct forms of dissociation? A review and some clinical implications. Clin Psychol Rev. 2005 Jan;25(1):1-23
Lanius RA, Vermetten E, Loewenstein RJ, Brand B, Schmahl C, Bremner JD, Spiegel D (2010a). Emotion modulation in PTSD: Clinical and neurobiological evidence for a dissociative subtype.Am J Psychiatry, 167(6), 640-647.
Lanius RA, Vermetten E, Pain C (2010b). The impact of early relational trauma on helath and disease.The hidden epidemic (2009/05/12 ed.). Cambridge University Press, Cambridge, UK.
Liotti G., Farina B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione disappsociativa. Raffaello Cortina Editore.
Van der Kolk BA (2005). Developmental Trauma Disorder: Toward a rational diagnosis for children with
complex trauma histories. .Psychiatric Annals, 35(5), 401-408.
Van der Kolk BA, Roth S, Pelcovitz D, Sunday S, Spinazzola J (2005). Disorders of extreme stress: The empirical foundation of a complex adaptation to trauma. J Trauma Stress, 18(5), 389-399.
Waller NG, Putnam FW, Carlson EB (1996). Types of dissociation and dissociative types: A taxometric analysis of dissociative experiences. Psychological Methods, 1, 300-321.