a cura della Dott.ssa Chiara Del Nero

John Muir Trail (Sierra Nevada, California), giorno VI.

     Sono giorni che camminiamo. Le distanze e il passare del tempo cambiano quando si viaggia a piedi nella natura e lontani dalle comodità. Non ci sono più giorni della settimana per noi ma luce e notte, fame e sete, fatica e riposo, sole e pioggia. La vita diventa incredibilmente semplice: sveglia, colazione, disfacimento del campo e partenza, alternando la marcia a piccole pause per foto e spuntini. Arriviamo ad una destinazione nomade ed allestiamo il campo, ceniamo e poi arriva il sonno. Profondo.

Domani non saremo più qui.

     In montagna, cadono le maschere. Sorrido tra me e me riflettendo sulla parola personalità. Dal latino persona, indicava la maschera usata dagli attori nelle rappresentazioni teatrali. Qua, decadendo il palcoscenico, non si è più personaggi con ciascuno il proprio canovaccio da recitare.

     Qua si recita a soggetto!

     L’alba si presenta timida e tiepida sul lago immobile. Sarebbe così semplice essere felici o forse, proprio per questa sua semplicità, diventa complesso riconoscerla e mantenerla.

     Il sole sorge opposto al lago, in faccia a Mt Davis colorando la roccia e la neve di un rosa leggero. Tutt’intorno, un silenzio statico riposa sullo specchio d’acqua. Con l’arrivo del sole, sale un alito di vento ad increspare la superficie; il profilo si arriccia e nella magia dello specchio rimane il riflesso.

Spezziamo la quiete con un tuffo gelato nel Thousand Island Lake, il posto più bello che io abbia mai visto al mondo.

     Ci rimettiamo in marcia dopo pranzo. Il sentiero fino a Garnet Lake non è esasperante e non manca il tempo per riflettere. Cerco di stare nel presente senza saltellare coi pensieri da ricordi passati a progetti futuri; e cerco di prestare attenzione con tutti e cinque i sensi. Mi attrae questo tipo di meditazione dalle origini buddiste perché è attuabile nella quotidianità al di là del personale credo religioso. E’ una pratica, utile anche per allenare la memoria ma l’apprendimento richiede tempo, determinazione e disciplina.

     Ho letto alcuni di libri di Henepola Gunaratana trattanti la pratica della meditazione vipassana spiegata in parole semplici. Mi sono avvicinata alla meditazione con fare molto circospetto e ne sono rimasta affascinata. Ci sono tante resistenze e credenze che aleggiano intorno ad essa come, per esempio, che debba esser praticata solo nella solitudine, immobili a riflettere sull’immortalità dell’anima, per chi ha tempo da perdere o poco da fare.

     Nella mia piccola esperienza, posso dire che l’apprendimento di questa disciplina è così semplice da risultare complesso. Nulla è statico, contrariamente alla prima impressione. Stare fermi in silenzio ad ascoltare il proprio respiro è un esercizio molto utile per imparare il gesto tecnico della meditazione. Non abbiamo imparato subito a correre, abbiamo conquistato l’equilibrio prima di muovere i primi passi incerti e poi sempre più sicuri e rapidi.

     Così, se ci fermiamo, scettici, a criticare il meditante immobile, ci impediamo di scoprire la quantità di cose che possiamo fare una volta appreso quel gesto. Apprendere la meditazione mi sta aiutando a svincolarmi dal pilota automatico che spesso mi porta a fare qualcosa mentre penso ad altro, per entrare in contatto con quel che sto facendo, che sia camminare o mangiare o contemplare il panorama o discutere coi compagni.

     Mi sta servendo anche per osservare più da vicino l’elemento costitutivo dell’esistenza, il più temuto dall’essere umano: il cambiamento!

L’alterazione perpetua è l’essenza dell’esistere, dicono. C’è da accettarlo, semplicemente così come è.

     Ed io, qui, mi sento attraversata dal cambiamento. Per raggiungere una nuova destinazione, siamo costretti a lasciare indietro paesaggi straordinari. Allestiamo il campo, ceniamo e poi, stravolti dalla fatica, ci accoccoliamo dentro alle nostre tende protetti dal cielo stellato. Domani, di nuovo, non saremo più qui anche se vorremmo restare…anche se una parte di noi, qui, resterà per sempre.

     Sento che per andare avanti c’è davvero da lasciarsi indietro esperienze e sensazioni piacevoli e spiacevoli e anche luoghi come Thousand Island Lake, indimenticabile e magico.

Dentro di noi resta l’esperienza ma la vita è avanti.

Come il letto di un fiume che accoglie il passaggio di ogni singola goccia d’acqua senza trattenerla…

Non viaggeremo se guarderemo solo la bussola; il nostro viaggio si compie soltanto muovendoci nella direzione scelta. Steven Hayes

Libri consigliati

Henepola Gunaratana (1995), La pratica della consapevolezza in parole semplici. Ed. Ubaldini