“Disturbo Bipolare: dalla psicoeducazione alla pratica clinica”
A cura delle dottoresse Francesca Davini, Sara Pinochi, Sara Tognocchi, Elena Toschi.
Si è tenuto sabato 13 Marzo l’evento organizzato dalla SITTC sezione Toscana su “Disturbo Bipolare: dalla psicoeducazione alla pratica clinica”, che ha visto la partecipazione del Dott. Francesc Colom, psicologo e ricercatore senior presso l’Ospedale IMIM del Mar di Barcellona, della Dott.ssa Stefania Iazzetta, psicologa e psicoterapeuta che svolge la propria professione presso il Centro di Psicoterapia Cognitiva SPC di Grosseto, e del Dott. Marco Saettoni, psichiatra psicoterapeuta e dirigente medico dell’UFSMIA dell’Azienda USL 2 di Lucca che esercita la propria attività clinica presso l’Associazione Culturale Studi Cognitivi Pandora, di cui alcuni membri erano presenti nel suo pubblico. Ciò che accomuna tali professionisti è facilmente identificabile: l’interesse nutrito per i disturbi del tono dell’umore, in particolare per i disturbi bipolari.
L’intervento tenutosi dal Dott. Colom, dal titolo “Psychoeducation and early relapse prevention in bipolar disorder”, ha illustrato nel dettaglio un progetto psicoeducativo efficace per i soggetti con disturbo bipolare. Il programma psicoeducativo, da svolgere in gruppo, non fornisce semplicemente informazioni ai pazienti, bensì offre, a questi ultimi e ai loro familiari, strumenti specifici per permettere una gestione autonoma del disturbo e l’individuazione precoce dei prodromi, ovvero i segni che rappresentano gli episodi caratteristici.
Il profilo più adeguato a condurre gli incontri possiamo riscontrarlo in psichiatri, psicologi o infermieri, che siano esperti nel trattamento e nella terapia del disturbo bipolare e chiaramente nella gestione dei gruppi. Sono altresì necessarie abilità interpersonali come il buonsenso, la flessibilità, l’empatia, il sense of humor.
Colom afferma che gli interventi psicoeducativi funzionano meglio in fase eutimica, ovvero quando il soggetto è in uno stato di equilibrio del tono affettivo; si possono tollerare dei sintomi subclinici ma non le fasi acute. Gli unici soggetti che non dovrebbero essere inclusi nel trattamento sono coloro che risultano presentare una diagnosi di disturbo di personalità relativo al cluster B (narcisisti, borderline, isterici, gravi) e coloro che fanno un consumo attivo di sostanze stimolanti (cocaina, anfetamina), le cui peculiarità possono rendere difficoltosa l’armonia di gruppo.
Il programma del trattamento psicoeducativo si articola in 21 sessioni di gruppo dalla durata di circa 90 minuti, a cadenza settimanale. È opportuno formare gruppi medio- grandi di circa 8-12 persone, omogenei per sesso, età, polarità e status sociale, di modo che ogni paziente possa trovare un suo corrispettivo da prendere a modello. Le sedute cominciano con 15-20 minuti di riscaldamento, per permettere alle persone di sentirsi a proprio agio, in cui si affrontano argomenti poco relativi al disturbo, per avvicinarsi sempre di più verso il tema scelto per la giornata. Si trattano dei macro-argomenti: la consapevolezza della malattia, l’aderenza alla terapia, l’identificazione in modo precoce dei propri episodi depressivi o maniacali, il suicidio. Si insegna a realizzare la propria retrospective life chart, riferendosi agli ultimi 5-10 anni di vita; in questo modo il paziente si renderà conto della cronicità e della ricorrenza del proprio disturbo, identificherà i fattori scatenanti e le conseguenze, oltre ai trattamenti che hanno funzionato maggiormente. Il Dott. Colom, infatti, sottolinea che l’elemento più importante che viene facilitato con la psicoeducazione è il riconoscimento dei cosiddetti prodromi, vale a dire i segnali d’allarme che presagiscono un episodio depressivo o maniacale. I prodromi che si insegnano ad identificare sono quelli di natura comportamentale, poiché sono molto più facili da registrare ed individuare rispetto ai pensieri e alle emozioni.
Lavorare in gruppo aumenta l’insight ovvero la consapevolezza del disturbo e permette l’accrescimento della rete sociale. La psicoeducazione, inoltre, agevola e migliora la regolarità di assunzione dei farmaci da parte dei pazienti, favorendone l’aderenza. Colom spiega che circa il 40% dei pazienti bipolari non seguono correttamente la cura prescritta con le motivazioni più svariate: una buona percentuale ha difficoltà ad accettare la diagnosi, negando la malattia, altri possono temere gli effetti collaterali, alcuni credono di aver già recuperato o pensano di perdere il controllo della propria vita. Le conseguenze della non aderenza possono condurre ad un peggioramento della qualità della vita, ad un aumento delle ricadute e dei ricoveri, e addirittura alla morte.
Lavorare sull’insight della persona e, quindi, sulla consapevolezza, consente un grande miglioramento in termini di efficacia, e sostiene inoltre un approccio diretto col paziente, ascoltandolo, discutendo con lui, personalizzando la prescrizione terapeutica cercando di evitarne gli effetti collaterali più temuti.
Gli studi riportati dal Dott. Colom, mostrano come la psicoeducazione sia risultata efficace, permettendo un effetto preventivo sia sugli episodi maniacali che depressivi, favorendo una diminuzione delle ricadute e una riduzione dei tempi di ricovero pari al 75%.
Quali sono dunque i limiti di questo modello psicoeducativo? Colom sostiene che, purtroppo, la psicoeducazione non si è mostrata attuabile con i pazienti che hanno avuto più di 15 episodi depressivi/maniacali, a causa di un probabile deterioramento cognitivo. In aggiunta, va tenuto in considerazione il fatto che la maggior parte dei centri di salute mentale non hanno i mezzi per poter attivare questo programma dato il carente numero di professionisti per applicarlo. Per ovviare a questo problema e cercare di raggiungere un maggior numero di soggetti, è stata implementata un’applicazione per smartphone chiamata SIMPLE (attualmente non disponibile in lingua italiana). Questa permette di registrare il tono dell’umore giornaliero a partire dalle percezioni soggettive e oggettive del paziente e fornisce la possibilità di rilevare le ore di sonno e l’attività fisica svolta. Oltre a ciò, l’applicazione offre messaggi psicoeducativi personalizzati. Pare che questo strumento sia apprezzato dagli utenti, venga considerato poco invadente e di buona qualità, dunque in grado di fornire aiuto nella gestione del disturbo, aumentando l’aderenza alla terapia. Ciò non è in grado di sostituire la psicoeducazione ma almeno può arrivare al 70% della popolazione.
Il secondo intervento, dal titolo “L’utilizzo della Life-Chart nel trattamento dei disturbi bipolari: dall’assessment al cambiamento”, tenuto dalla Dott.ssa Stefania Iazzetta, che da anni svolge gruppi di psicoeducazione per pazienti con tale diagnosi e per familiari e caregiver degli stessi, ha delineato la necessità dell’utilizzo di metodi di valutazione longitudinale nel trattamento dei disturbi bipolari, alla luce dell’eterogeneità e dell’elevata comorbilità di tali condizioni, offrendo uno spaccato dettagliato circa la Life-Chart Method. Quest’ultima si declina in termini non solo prospettici, ma anche retrospettici: se nel primo caso si tratta di una valutazione giornaliera delle fluttuazioni del tono dell’umore tipiche del quadro clinico in esame al fine di monitorare e prevenire le ricadute, nel secondo si tratta di una ricostruzione dettagliata del disturbo di cui è possibile mettere in evidenza l’esordio, l’andamento dei cicli di malattia e la loro descrizione nonché il grado di compromissione funzionale. Pertanto, la Life-Chart Method Retrospective, su cui la Dott.ssa Iazzetta si è in particolar modo soffermata anche attraverso la presentazione di un caso clinico, risulta essere uno strumento utile durante l’assessment in quanto consente, in prima istanza, di schematizzare la storia clinica del paziente, identificandone gli episodi significativi ed inoltre, di acquisire una maggiore consapevolezza circa il decorso del disturbo psicopatologico.
Al termine della giornata formativa, il Dott. Marco Saettoni (Psichiatra-Psicoterapeuta), esperto in Disturbi dell’umore, condivide la sua esperienza clinica partendo dalla classificazione di tali disturbi riportata dal DSM-5, sostenendo che nel “real world” (ovvero, mondo reale) vanno considerate almeno quattro categorie simboliche che lui stesso suddivide in: mania, mania con sintomi depressivi, depressione con sintomi maniacali e depressione. Secondo Saettoni possiamo inquadrare il disturbo bipolare in base a quanto l’individuo è bipolare facendo riferimento a questa classificazione.
Il disturbo bipolare è un disturbo che riguarda la volontà, con un’incidenza che generalmente si riscontra nei 20 anni di età, spesso in comorbidità con altri disturbi, come disturbi d’ansia, disturbo da uso di sostanze e disturbi della personalità e spesso arriva alla valutazione clinica come un problema di tipo secondario. Saettoni sostiene che gli elementi di tratto tipici del disturbo bipolare siano: un’elevata motivazione al successo con obiettivi ambiziosi, un funzionamento diverso, più elevato, del circuito della ricompensa e l’iperattività emotiva.
Il successo inteso come raggiungimento di un potere personale, fa parte dell’investimento scopistico della persona ed è un elemento fortemente riscontrabile anche nel contesto familiare. È un tipo di successo e di piacere che il soggetto vuole sperimentare nell’immediato e non nel futuro, questo testimonia la forte sensibilità relativa alla ricompensa che caratterizza il disturbo bipolare. I soggetti con disturbo bipolare, dunque, avrebbero una maggiore attivazione nel momento dell’anticipazione di un evento che implica una ricompensa, e sentimenti di frustrazione se questo non si verifica.
Ma che cosa giustifica le condotte di una mente bipolare? Raggiungere il successo fa sentire il paziente una persona di valore, sapere che gareggia per il successo fa sentire il sé complementare vincente in opposizione al suo sé fallimentare, sembrerebbe dunque essere presente nella mente della persona una dicotomia ideativa e delle credenze di tipo opposto: impotente vs totipotente, successo vs catastrofe.
Sono infatti soggetti che si demoralizzano per piccoli fallimenti, mossi da alti livelli di impulsività, valutano le loro performance positive come un incentivo a raggiungere obiettivi difficili e a sottovalutarne i rischi, cercano sistematicamente di mantenere alti i livelli di energia, per garantirsi un’alta attivazione dopaminergica, utilizzando talvolta sostanze psicoattive. A tale proposito Saettoni, infatti, afferma che i disturbi bipolari sono “disturbi dell’energia” e che il peculiare compito dello psicoterapeuta, oltre a svolgere un’attenta valutazione diagnostica, è di andare a identificare nello specifico quali obiettivi l’individuo iperinveste in termini di goal e anti-goal. L’intervento deve essere modulare e flessibile; data anche la ciclicità che caratterizza il disturbo, è necessario effettuare un lavoro di attivazione comportamentale nelle fasi depressive e ridurre le stimolazioni esterne che potrebbero aumentare la sintomatologia nelle fasi espansive. Infine, è fondamentale non sottovalutare la componente di tipo suicidario quando il soggetto sperimenta stati misti. È necessario, dunque, mettere in sicurezza il paziente e coinvolgere anche i familiari nel trattamento. Il Dott. Saettoni conclude, sottolineando l’importanza dell’intervento relativo alla riduzione della dicotomia identitaria: limitare l’iperinvestimento, investire su nuovi scopi pro-sociali, così da poter favorire la costruzione di nuove identità.