Da PONTI FRA ISOLE: MINDFULNESS ACCEPTANCE COMPASSION
a cura della Dott.ssa Elisa Tenucci
Secondo congresso italiano di confronto tra psicoterapie cognitivo-comportamentali di terza generazione: report dal convegno.
La scorsa settimana nei giorni 14-15-16 novembre si è svolto a Milano, presso l’Università IULM, promosso da IESCUM e ACT ITALIA, il secondo congresso italiano tra psicoterapie cognitivo comportamentali di terza generazione che ha avuto come oggetto di discussione la possibilità di creare dei ponti, dei confronti, tra le diverse prospettive teoriche su quelli che sono i processi di base, sui valori, nel percorso che va dall’infanzia all’età adulta.
Dal ricco buffet di Workshop, simposi e plenarie anche internazionali, si pone la lente di ingrandimento sul workshop tenutesi nell’arco della prima giornata, 14 novembre dal Dott. Giovanni Zucchi (Ospedale Maria Luigia-Parma, Consiglio direttivo ACT Italia) e dal dott. Nicola Petrocchi ( CFT Trainer, Comapassionate Mind Italia, APC-SPC). In un contesto dove le possibilità di confronto sono molte, dove si parla di protocolli, di pazienti e utile anche riuscire a fermarsi e domandarsi: ma il Terapeuta?
Lo psicoterapeuta è chiamato a confrontarsi con situazioni difficili e complesse, e spesso, la sua quotidianità è fatta di altri esseri umani in difficoltà con cui sintonizzarsi. Entrare in contatto con la sofferenza altrui senza avere il giubbotto antiproiettile può essere rischioso, soprattutto per se stessi. Attraverso una pratica esperienziale tratta dall’ACT e dalla CFT, forme di psicoterapia che si basano sul funzionamento fisiologico dell’essere umano, in questo workshop, è stato possibile creare il proprio “giubbotto antiproiettile”. La giornata ha preso il via ponendo l’accento su Cosa ti porta qui come professionista e come persona. Successivamente, attraverso un esercizio esperienziale di riflessione sul proprio percorso da prima che si venissi concepiti fino all’ultimo dei nostri giorni, è stato posto l’assunto che nel momento in cui ci si trova a sperimentare la sofferenza non è colpa nostra, non lo abbiamo scelto, ma semplicemente ci siamo trovati in quella condizione. E quante altre volte ci può essere capitato o ci capiterà di trovarci in una condizione che percepiamo come spiacevole? E quante volte ancora avremmo avuto o avremo bisogno di qualcuno che ci tenda la mano e ci ascolti in un’ottica non giudicante come noi facciamo con i nostri pazienti? Quel qualcuno può essere rappresentato dal nostro Supervisore Compassionevole. Attraverso una pratica immaginativa piano piano gli è stata donata una forma, un volto, un tono di voce, la possibilità di compiere dei gesti e di parlarci e di interagirci. Il workshop si è concluso con la scrittura di una lettera compassionevole, una lettera che viene da noi per noi stessi, che ci possa aiutare nei momenti di difficoltà professionali e personali, che quando la si apre si può esclamare a fine lettura “Grazie per avermela mandata”!