a cura della Dott.ssa Chiara Lignola

L’Arma dei Carabinieri è un corpo unico per la sua storia che vede la sua fondazione nel lontano 1814 e già da questa data possiamo immaginare quanto sia complessa la storia di questa Istituzione e come essa sia dovuta mutare per adattarsi ai cambiamenti della nostra società.

 Diversi e numerosi ambiti d’intervento la vedono in prima linea sul territorio nazionale e internazionale a causa della sua duplice natura di forza dell’ordine e di forza armata che costituisce di fatto la sua peculiarità: ciò significa che le sono attribuiti sia compiti militari (concorrendo alla difesa della Patria, partecipando alle operazioni militari in Italia e all’estero, esercitando le funzioni di polizia militare, garantendo la sicurezza delle Rappresentanze Diplomatiche italiane all’estero) sia compiti di polizia (nel cui ambito esercita funzioni di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza).

Se l’interesse per il benessere del singolo militare si è sviluppato recentemente, l’attenzione verso la famiglia del militare è ancora poco presente nel nostro Paese. La famiglia del militare, costituisce, infatti, una realtà speciale rimasta per lungo tempo in disparte dall’interesse degli studi psicologici e sociali, nonostante il benessere e la stabilità emotiva degli appartenenti alle forze armate, così come degli appartenenti alle forze dell’ordine, sia strettamente correlato all’equilibrio interno delle loro famiglie e si ripercuota anche sulla comunità nella quale essi vivono e per la quale prestano il loro servizio.

La motivazione sostanziale che ha lasciato la famiglia del militare ai margini dell’interesse della letteratura, va ricercata in una problematica intrinseca alla vita militare: la separazione che da sempre la Forza Armata ha compiuto sul singolo individuo tra il mondo militare e il mondo civile, tenendo spesso il militare e la sua famiglia separati, e a sua volta la famiglia militare separata dal mondo civile (Toscano, 2004).   

Nel tentativo di gettare luce sui particolari disagi e difficoltà affrontate dal carabiniere e dalla sua famiglia, dobbiamo tener conto sia della già citata complessa cultura militare sia di come lo stesso mondo militare, come ogni altra categoria, ha subito le influenze delle trasformazioni della società moderna contando solo per fare un esempio, che dal 2000 si è avuto l’ingresso anche delle donne e che ciò ha sicuramente comportato un rilevante cambiamento.

Forte rimane il peso sulla famiglia militare, del carattere totalizzante dell’organizzazione militare, che richiede la piena e completa dedizione dei propri membri come condizione fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi che si prepone (Battistelli & Ammendola, 2001).

In uno studio di Borghini e coll. (2004) è emerso che tra i carabinieri, più che tra gli appartenenti alle altre Forze Armate, è presente e avvertito il peso del conflitto tra il mondo civile e il mondo militare. Accade spesso che il carabiniere sia visto come un’autorità anche quando è fuori del servizio, in svariati contesti e situazioni, e spesso i primi a subirne gli effetti sono proprio i figli che vengono stigmatizzati e nel peggiore di casi esclusi dalle relazioni sociali secondo il contesto culturale.

L’Istituzione militare, con le sue peculiari esigenze, richiede una dedizione tale  ai suoi principi e valori  da quasi “esigere” di entrare nella vita privata dei suoi appartenenti : per un lungo periodo, infatti, negli ambienti militari, era riscontrabile la tendenza, da parte della Forza Armata, a scoraggiare i propri appartenenti dal costruire legami affettivo/coniugali stabili (Muraro, 2001; Pongiluppi, 2001). Nel caso dell’Arma dei Carabinieri, i propositi matrimoniali dei militari sono stati negli anni regolati da una normativa che col tempo è andata mutando verso una minore pressione fino all’abrogazione il 15 marzo del 2010 e che prevedeva, vincoli di attesa nel contrarre matrimonio legati agli anni di servizio e al grado.  Negli anni passati, l’istituzione tendeva ad allontanare la coppia dal luogo d’origine della moglie per evitare conflitti d’interesse tra il carabiniere e il territorio.  Un buon carabiniere non doveva essere distratto, fino ad una certa età, nemmeno dai “normali” impegni di una famiglia (Ruggeri De Luca, 2003).  Questi vincoli ormai decaduti sono stati vigenti per anni in un’Istituzione che si è mutata con i tempi ma che mantiene la forte anima di dedizione completa al servizio.                                                                                                                                                       

“Usi obbedir tacendo e tacendo morir”

La complessità del legame tra la famiglia e l’organizzazione militare deriva dal fatto che intraprendere la carriera militare implica qualcosa in più di una semplice scelta occupazionale: essa rappresenta la scelta di uno stile di vita oltre che di un percorso professionale e, per tale motivo, influenza tutti gli aspetti della vita dell’individuo e della sua famiglia (Farina, 1993; Bucceri, 2004). Come sottolinea Farina (1993) è raro, infatti, che un’occupazione civile richieda lo stesso livello d’impegno e disponibilità come, ad esempio, l’impegno a difendere la Costituzione, accettare incarichi ad alto rischio, inclusa la possibilità di ferimento, prigionia o morte (Bowen, 1989).

Le famiglie militari e delle forze dell’ordine, sono, infatti, turbate da eventi stressanti specifici che le rendono assolutamente diverse dalle loro controparti civili, giacché la Forza Armata, per sua natura, impone al militare frequenti trasferimenti, periodi di distacco del proprio nucleo familiare, reperibilità totale e, non di rado, responsabilità civili e penali di gran peso. Le ripercussioni conseguenti a tali eventi o fasi si hanno sulla coppia, sui figli e sull’intero equilibrio familiare (McCubbin, Dahl & Hunter, 1976).

Esistono due grandi categorie di stressor lavorativi, correlati al servizio nelle forze dell’ordine, indicate in letteratura (Kop, Euwema & Schaufeli,1999; Patterson, 2001) stressor legati al costesto del lavoro (job context) ovvero i turni di servizio, l’avvicendamento delle missioni, la mobilità geografica e dei loro effetti sul carabiniere e sulla famiglia; e degli stressor legati al contenuto lavorativo (job content) ovvero i fattori di rischio, stress e gli eventi critici professionali ai quali possono andare incontro i carabinieri nel servizio d’istituto e nel servizio fuori area,A tali stressor secondo Kop e coll. (1999) dovremmo aggiungere un’altra categoria chiamata dagli autori “scarsa efficacia delle forze dell’ordine”, la quale include: mancanza di soluzioni strutturali e trattamento dei sintomi piuttosto che delle cause, atteggiamenti negativi dei cittadini nei confronti dei poliziotti, inadeguata punizione dei crimini, autorità limitata dei poliziotti.

Sebbene siano molti gli aspetti della vita militare che si ripercuotono sulla vita della famiglia, il più stressante risulta essere la priorità delle richieste dell’Istituzione, rispetto alle esigenze della vita famiglia (Schumm e coll., 1992).

La letteratura sui veterani di guerra dà per esempio molta importanza alla risposta della famiglia e della comunità sul rientro a casa del militare. La famiglia del carabiniere e i suoi amici più vicini possono contribuire a rinforzare i comportamenti disadattivi messi in atto dal militare per far fronte allo stress, adattandosi loro stessi in una sorta di evitamento allargato. La famiglia può quindi subire gli effetti dello stress esperito dal carabiniere, ma allo stesso tempo può essere la risorsa dalla quale attingere per ottenere una ripresa psicologia e fisica del militare. Il National Healthy Marriage Resurce Center (2006) sottolinea come un coniuge supportivo può fare la differenza nella modalità di ripresa delle persone anche con DPTS. Quando un appartenente alle forze dell’ordine e/o armate è colpito da un evento traumatico la famiglia gioca un ruolo chiave nella ripresa.

La capacità della famiglia di far fronte in modo adeguato allo stress degli eventi correlati alla vita militare, illustrati in precedenza, va di pari passo con la sua abilità nell’armonizzare le regole, le procedure, gli atteggiamenti ed i valori militari con le regole, le dinamiche, le abitudini ed i valori propri della famiglia stessa (Kaslow, 1997). A tale proposito, Saitzyk (2002) denomina le famiglie militari “famiglie fisarmonica”, proprio in conseguenza all’estrema flessibilità che le caratterizza, soprattutto quando, durante i frequenti e spesso non brevi periodi d’assenza del membro militare, cambiano letteralmente la loro morfologia.

Non tutte le famiglie però hanno la flessibilità psicologica necessaria per adattarsi continuamente a situazioni nuove e difficili (Kaslow & Ridenour, 1997). Ogni cambiamento richiesto dalla vita militare introduce nuove sfide e richiede un processo d’adattamento non sempre facile da sviluppare a causa delle risorse disponibili. Come affermano Kaslow e Ridenour (1997) la mancanza di supporti disponibili o di appositi servizi, inoltre, rendono ancora più probabilmente il verificarsi di tutti questi fattori. Non possono spesso contare né sulla famiglia d’origine né sulla rete delle relazioni sociali a causa dei continui spostamenti che le hanno allontanate dal loro luogo d’origine, e allo stesso modo scarsa è l’attenzione dell’organizzazione militare stessa.

La situazione attuale è in continuo mutamento, ma i residui di una complessa cultura che hanno anteposto il distacco dalla famiglia come condizione necessaria per la carriera militare e che nel caso dell’Arma dei Carabinieri, si è sviluppata durante due secoli di storia dell’Istituzione, sono comprensibilmente ancora evidenti sia nell’organizzazione stessa della Forza Armata sia nella natura delle problematiche riscontrabili nella famiglia del militare.

L’arma una grande famiglia

Quali aiuti?

La promozione del benessere delle famiglie dei militari, spiega Paone (2004), sta diventando in molti Paesi Nato, una priorità per le Forze Armate, a causa del riconoscimento del ruolo rivestito dalla famiglia nella relazione tra l’organizzazione militare e i suoi appartenenti.

Nell’Arma dei carabinieri gli psicologi non si occupano solo di selezione o degli ambiti investigativi, ma sono attivi in prima linea nell’ambito del supporto ai suoi appartenenti: all’interno dei raggruppamenti tecnico–logistici– amministrativi, le sezioni di psicologia si occupano (direttamente e/o indirettamente coordinando il personale specialistico civile convenzionato con l’Amministrazione) del supporto psicologico a favore dei militari o dei loro familiari che ne fanno richiesta.     

Il Servizio di Psicologia Medica attivato dal Comando Generale è nato con il preciso scopo di prevenire e curare il disagio psicologico dei militari dell’Arma in servizio, in quiescenze e dei loro familiari oltre ad esso rimangono a disposizione delle famiglie dei militari i Servizi Sociali dell’Arma, l’Associazione Nazionale Carabinieri, l’Opera Nazionale Orfani Militari Arma Carabinieri e l’Associazione Consorti Militari. Merita di essere citata anche l’associazione L’Altra Metà della Divisa che ha portato avanti negli ultimi anni un’opera di psicoeducazione, ascolto, rete e aiuto per le tematiche di interesse alle famiglie di tutte le forze armate . 

1, 2:

Il motto dell’Arma dei Carabinieri è “Nei secoli fedele” coniato dal Capitano Cenio Fusi e sostituì “Usi obbedir tacendo e tacendo morir” (versi tratti dal poema La Rassegna di Novara di Costantino Nigra       

Bibliografia                                                                                                        

Barbi S. (2003). Il disagio della famiglia del militare. Cesena: Il Ponte V ecchio.

Battistelli F. & Ammendola T. (2001). Il militare e la guerra nel post – moderno. In P. De Nardis (a cura di), Le nuove frontiere della sociologia (pp. 385-406). Roma: Carocci.

Battistelli F. (1990). Marte e Mercurio. Sociologia dell’organizzazione militare. Milano: Angeli.

Borgnini A., Buccieri, A., Cordaz D., Adragna R., Mammini C., Mele V. & Paone S. (2004). In M. A. Toscano (a cura di), Tra due culture. Le problematiche della famiglia del militare. Soveria Mannelli, Catanzaro: Rubettino.

Bowen G. L. (1990). The family adaptation model: A life corse Perspective. New York: U.S. Army Research Institute for the Behavioral Social Sciences.

Bucceri A. (2004). La famiglia e la famiglia del militare nel quadro dei mutamenti attuali. In M. A. Toscano ( a cura di), Tra due culture. Le problematiche della famiglia del militare, (pp. 19- 39). Soveria Mannelli, Catanzaro: Rubettino.

Kaslow F. W. & Ridenour R. I. (1997). The military family: dynamics and treatment. Florence W., New York: Guilford Press.

Farina F. (1986). The military and the family as greedy institutions. Armed Forces & Society, 13 (1), pp. 9-38.

Lignola C. (2008). Tesi di Laurea :Problematiche familiari della professione del carabiniere. Università degli Studi di Firenze. Facoltà di Psicologia

Muraro P. (2001). Tiro al bersaglio. UNUCI Unione Nazionale Ufficiali inCongedo d’Italia,2, p.1.

National Healthy Marriage Resource Center (2006). Research-Based Answers to Frequently Asked Questions About: Military Service and Marriage. Washington, Dc. Contributo reperibile all’indirizzo web: www.healthymarriageinfo.org. – consultato il 24/07/2007.

Patterson G. T. (2001). The relationship between demographic variables and exposure to traumatic incidents among police officers. The Australasian Journal of Disaster and Trauma Studies, 2. Rivista on line http://www.massey.ac.nz. – consultato il 31/10/2007.

  Ruggeri De Luca B. (2003). Le donne dei carabinieri. Fiamme D’Argento.                                                                                                                                                

  Saitzyk A. (2002). Ripercussioni della vita militare sulla famiglia: coppia, figli, salute. Prima Conferenza Internazionale Sulla Famiglia Militare. SMA – Roma, 18-19-20 marzo 2002 Reperibile all’indirizzo web: http://www.consortimilitari.it/conferenzanew.htm – consultato il 3/01/2007.

Schumm W. R., Bell B. D. & Tran G. (1992). Family adaptation to the demands of Army life: A review of findings (Final Report). Alexandria, VA: U.S. Army Research Institute for the Behavioral and Social Sciences.

Schumm W. R. & Bell B. D. (2000). Soldiers at risk for individual readiness or morale problems during a six-month peacekeeping deployment to the Sinai. Psychological Report, 87(2), pp. 623-33.

Toscano A. (2004). In M. A. Toscano (a cura di), Tra due culture. Le problematiche della famiglia del militare (pp.7-9). Soveria Mannelli, Catanzaro: Rubettino.

Www.carabinieri.it

www.assocarabinieri.it

www.laltrametadelladivisa.it