a cura della Dott.ssa Viviana Puggioni
L’orientamento alla scelta di un percorso formativo o professionale si compone di due attività: quella legata al fornire informazioni, svolta principalmente dalle istituzioni scolastiche e dal web e quella, più specificamente psicologica, che riguarda i processi cognitivi legati alle modalità con cui una persona prende decisioni, alle strategie con cui affronta le difficoltà, al modo in cui attitudini e interessi si possano conciliare con aspetti legati alla personalità dei ragazzi. Il nostro obiettivo in questa sede è quello di distinguere e chiarire i confini su alcuni elementi importanti da tenere in considerazione nel momento in cui si opera una scelta e a cui più spesso ho risposto, nel corso della mia esperienza professionale come orientatrice:
- I ragazzi vanno accompagnati nelle scelte. Nella consulenza alle famiglie spesso si incontrano due atteggiamenti opposti, che corrispondono a due estremi di un continuum nello stile educativo familiare: quello in cui i genitori si sostituiscono ai figli, ai quali rimane solo la decisione se ottemperare od opporsi alle imposizioni o quello in cui un genitore si tiene al di fuori del problema in nome della libertà di scelta. Se però pensiamo a noi stessi, facilmente possiamo riconoscere che non è stato semplice o lineare capire cosa ci appassiona, cosa ci piace o cosa ci rende felici. E’ bene non imporre ai figli la propria opinione, ma spiegare come facciamo noi a prendere delle decisioni. Se nel qui ed ora, come persone adulte non siamo soddisfatti delle nostre scelte e non sappiamo esattamente cosa trasmettere, può essere una buona soluzione consultare un orientatore.
- I percorsi formativi e professionali non sono sempre lineari e non c’è niente di male nel cambiare idea. Un esempio di percorso lineare è quello di uno studente che sceglie il liceo delle scienze umane, Scienze e Tecniche Psicologiche all’università e poi persegue la carriera di psicologo; un altro è quello dello studente che sceglie prima il Liceo scientifico, poi Fisica o Matematica e poi il Dottorato di ricerca. Ma è così per tutti? Tenete sempre presente che, a patto di conseguire un diploma di scuola superiore, sarà sempre possibile, lungo il proprio percorso, cambiare idea alla luce di nuove esperienze, di una crescita personale, di una maggiore consapevolezza di sé. Non c’è niente di male. Scegliete pensando al qui e ora, cambiare idea nel futuro non significa sbagliare e non squalifica la scelta precedente: in fondo ogni esploratore prova diversi sentieri, prima di trovare quello giusto.
- Non è utile programmare la propria carriera in base al mercato del lavoro prima ancora di concludere la scuola secondaria di primo grado. Prima che i ragazzi facciano il loro ingresso nel mondo del lavoro, il mercato potrebbe cambiare e se la scelta non è supportata da un’adeguata motivazione o da un’adeguata passione, oltre al rischio di non portare a termine il corso di studi, potrebbero correre quello di non possedere un titolo utile, o svolgere un lavoro che non amano, dopo il diploma.
- Se ci si rende conto di aver sbagliato scelta, si può cambiare idea senza perdere anni scolastici, basta agire tempestivamente. In caso di abbandono scolastico, intorno a marzo si può già stabilire se il numero di assenze accumulate dà o meno una chance di superare l’anno. Se vostro figlio si rende conto di aver compiuto una scelta sbagliata è importante cercare di rimediare entro quella data. La pratica può essere lunga, ma non impossibile: bisogna verificare che nella seconda scuola scelta ci sia posto e poi richiedere alla scuola in cui si è iscritti il documento di nulla osta che autorizza il trasferimento. Questo non garantisce la promozione fine anno, ma riduce le probabilità che si verifichi una bocciatura.
- I primi mesi di una scuola superiore sono sempre difficili. Capita comunemente che ragazzi abituati ad avere un buon rendimento, si scontrino con un calo della media dei voti nei primi mesi e ne rimangano delusi o dubitino di aver scelto la scuola giusta. Va tenuto in conto un periodo di adattamento che serve loro per comprendere come adattarsi alle richieste del nuovo ciclo scolastico, in cui l’aspettativa è quella di una maggiore autonomia nello studio, una maggiore assunzione di responsabilità, unita ad un aumento del carico di lavoro. Il cambio è possibile, ma bisogna essere sicuri che le motivazioni siano quelle giuste.
- La motivazione allo studio è influenzata da diversi fattori, in cui la “pigrizia”, come la chiamano molti genitori, intendendola come un tratto di personalità stabile e immodificabile, non è una spiegazione. Per fare alcuni esempi: un elemento che impedisce l’esplorazione di sé e delle proprie passioni, che ostacola un certo tipo di curiosità verso se stessi, il mondo esterno e gli altri è l’uso incontrollato di dispositivi mobili: trascorrere molte ore su Twitch o YouTube, controllare ossessivamente le notifiche dei messaggi e dei social network ostacola le funzioni esecutive, cioè la capacità di concentrarsi, perché riprendere lo studio dopo essersi interrotti diverse volte aumenta il senso di fatica. Giocare a un gioco in cui ci sono combattimenti può rendere difficoltosa la concentrazione o l’addormentamento in orario serale se provoca frustrazione. Non c’è niente di male nel conservare uno spazio ludico nel tempo libero, ma va amministrato in modo strategico. Non è tanto il gioco in sé, quanto il modo in cui si gioca. Un altro esempio ancora è quello degli eccessivi impegni extrascolastici possono affaticare i ragazzi e ostacolare lo studio: vanno stabilite delle priorità in base alle quali calibrare il tempo libero al di fuori della scuola.
- Il bullismo e il cyberbullismo costituiscono un deterrente nell’iscriversi in scuole che piacciono, ma che magari sono state scelte anche da altri ragazzi con cui i vostri figli non hanno un buon rapporto.
- Non bisogna confondere la materia con lo strumento attraverso il quale si pratica. Per fare un esempio molto comune, alcuni ragazzi pensano di amare l’informatica perché trascorrono molto tempo al computer, senza distinguere il mezzo con cui svolgono la loro attività da ciò che effettivamente fanno: possono amare i video di YouTube, ma non per questo amerebbero anche programmare software. Vale lo stesso per la matematica, che fa parte di qualunque percorso di istruzione. Quello che bisogna identificare, insieme alla passione è anche lo stile cognitivo che ad esso si lega: vostro figlio è più portato per il ragionamento astratto tipico di un liceo o un per un ragionamento pragmatico tipico di un istituto tecnico? Se vostro figlio ama le lingue straniere è perché ama anche la grammatica, la letteratura e la storia o perché ama conversare in lingua? Qual è la seconda materia preferita dopo le lingue straniere?
- Gli Istituti Professionali non sono necessariamente i più facili: la maggior parte della dispersione scolastica proviene da questi istituti e non da quelli comunemente considerati più selettivi, come i licei. Questo non significa che il liceo sia la scelta migliore, ma può voler dire che una scuola percepita come difficile predispone uno studente all’impegno. Per ottenere buoni risultati, l’impegno serve in qualsiasi attività della vita.
- Molti istituti risentono degli stereotipi di genere, che invece non dovrebbero condizionare le scelte dei giovani. Le femmine non scelgono frequentemente gli Istituti Tecnici, così come i maschi non scelgono frequentemente le Scienze Umane. Queste differenze nel percorso di studi, più che riflettere una differenza reale tra i generi, riflettono uno stereotipo legato ai ruoli sociali di maschi e femmine.
In conclusione, una decisione ben formulata, tiene conto di attitudini, interessi, inclinazioni, tratti caratteriali e buone strategie di coping con le quali fare fronte alle difficoltà che si possono incontrare lungo il percorso scolastico.