Riflessione a cura dott.ssa Chiara Del Nero, Psicologa e Psicoterapeuta

Novecento è un monologo teatrale di Alessandro Baricco pubblicato nel 1994 da Feltrinelli.

La prima volta che lessi questo libro, oltre venti anni fa, rimasi colpita dalla semplicità con cui Baricco aveva dato vita ad un personaggio straordinario: Danny Boodman T.D. Lemon Novecento. Tanto fragile quanto vitale, tanto esperto in pianoforte quanto spaventato dalla città, per lui “un pianoforte dagli infiniti tasti in cui è impossibile creare una musica umana”.

Se è vero che la lettura fa sognare, crescere, emozionare, guardare il mondo da prospettive differenti dalla nostra, questo libro dà la profondità di quanto sia davvero possibile viaggiare e conoscere pur restando fermi.

Riordinando i vecchi libri, in questi giorni di distanziamento sociale, ho avuto la fortuna di rileggere questo capolavoro.

Di seguito, un passaggio che mi colpì due decenni fa e che descrive in parte l’emozione che ho provato lunedì 9 marzo 2020 quando la normalità, di colpo, è franata.

“A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran.

Non c’é una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran.

Cos’é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buonanotte, ‘notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran.

Non si capisce.

È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto.

Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio.

Quando, in mezzo all’Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: “A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave“. Ci rimasi secco.”

Buon fine settimana.

Buona lettura.