A cura della Dott.ssa Sara Pinochi, Psicologa
Nonostante il mese del Pride sia giunto al termine, la voglia di continuare a parlarne non si è esaurita. Oggi vogliamo fare chiarezza su alcuni importanti termini di cui ancora non sembra esserci piena consapevolezza attraverso un semplice e tascabile “glossario” in grado di aiutarci a capirne le differenze. Partiamo da una distinzione fondamentale, ovvero che l’identità di genere e l’espressione di genere sono due cose completamente diverse.
L’identità di genere si riferisce all’esperienza interiore di una persona, quindi, la percezione che ciascuno ha di sé in quanto uomo, donna o qualcos’altro. Il presupposto principale da sempre ricalca l’idea che l’identità di genere sia in linea con il sesso assegnato alla nascita, perciò, in molte culture e tradizioni religiose, quest’ultimo viene percepito come un costrutto binario con categorie esclusive di maschio o femmina. Le cose sono però cambiate con il passare degli anni. Il concetto che l’identità di genere possa essere stabile o fluida nel tempo ed essere più o meno conforme alle costruzioni binarie di ciò che significa essere uomo o donna è diventato infatti, il mantra della comunità LGBTQIA+ secondo il quale «il genere è uno spettro». Questa nuova visione più ampia ed inclusiva, oltre a considerare l’esistenza di sfumature di generi contenute tra i due estremi “maschio- femmina”, descrive anche l’esperienza di coloro che non si riconoscono nell’identità di genere “assegnatagli” alla nascita insieme al sesso anatomico.
Concettualmente differente è invece l’espressione di genere, definibile come quell’insieme di caratteristiche esteriori con cui una persona si presenta alla società è più semplicemente il modo in cui una persona si comporta al fine di comunicare il proprio genere all’interno della propria cultura di appartenenza (abbigliamento, modo di apparire, modelli di comunicazione e interessi). Non è raro però che entrambi i concetti di identità ed espressione di genere, vengano spesso confusi: l’idea di comprendere il genere di una persona solo dal suo aspetto esteriore e dalle sue scelte sessuali, può trarci in inganno e portarci ad etichettare una ragazza con preferenze nell’abbigliamento maschile come una lesbica, rispetto ad un’altra che preferisce abiti più femminili. Perciò, l’espressione di genere sembra avere un impatto sulla nostra sfera sociale e sulla percezione che abbiamo di noi stessi, specie quando non coincide con l’identità percepita, contribuendo così, ad aggravare la disforia. Si parla infatti di Disforia di genere o di “incongruenza di genere”, quando vi è una discrepanza tra il sesso biologico assegnato alla nascita (maschio o femmina) e l’identità di genere, tale da procurare sofferenza marcata e desiderio di sbarazzarsi delle caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie. Essendo indipendente e non connessa all’orientamento sessuale, la Disforia di genere non va confusa con ciò che attrae sessualmente una persona, poiché quest’ultima può avere qualsiasi orientamento, che va da quello eterosessuale a quello asessuale o pansessuale. L’identificazione nel sesso opposto ed il relativo disagio provocato da questa condizione possono essere avvertiti già in fase preadolescenziale e, in alcuni casi, anche prima. Nello specifico, l’angoscia causata dall’incongruenza tra il genere e il proprio sesso biologico, unitamente a quella sperimentata e derivata dalle reazioni di rifiuto e disapprovazione degli altri (estranei e familiari) per la propria identità di genere, può dare origine a problematiche psicologiche come i Disturbi d’ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo e ideazioni suicidarie. In Italia la legge riconosce il diritto della persona che sente di non corrispondere al genere assegnato alla nascita di poter adeguare il proprio corpo alla propria identità psichica attraverso percorsi di transizione di genere. In tale ambito è indicato un approccio multi e interdisciplinare con diverse figure professionali (psichiatra, psicologo, endocrinologo, chirurgo) a cui vengono richieste competenze specifiche e qualificate, data la complessità del fenomeno.
Si parla invece di orientamento sessuale riferendoci all’attrazione sessuale e/oromantica e/oemotiva che l’individuo prova o meno verso l’altro. L’orientamento sessuale è un termine che esprime cosa essenzialmente innesca il desiderio fisico, emotivo, romanticoosessuale di una persona verso uno o più individui non facendo però riferimento alla sua identità di genere ma solo a cosa può potenzialmente piacergli in quel momento. Gli orientamenti sessuali sono dunque una pluralità di concetti in continua espansione largamente sfumati oppure nettamente separati. Eccone alcuni:
- Omosessualità: attrazione verso la persona dello stesso sesso.
- Eterosessualità: attrazione verso la persona di sesso diverso ascritta al canone binario uomo-donna.
- Androsessualità: attrazione verso il maschile e/o verso le persone transgender o transessuali.
- Asessualità: orientamento sessuale comprendente coloro che potrebbero non provare attrazione sessuale o romantica per nessuno e coloro che potrebbero invece provare vari gradi di attrazione sessuale o romantica per le persone.
- Bisessualità: attrazione verso il sesso maschile e quello femminile.
- Biromanticismo: attrazione romantica verso il sesso maschile e quello femminile.
- Demisessualità: attrazione presente solo in seguito alla creazione di un forte legame emotivo.
- Gynosessualità. attrazione verso il femminile e/o verso le persone transgender o transessuali.
- Pansessualità: attrazione verso tutti i generi e i sessi.
Per quanto riguarda il sesso biologico, esso riguarda i caratteri sessuali con i quali una persona nasce, perciò l’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile determinata dai cromosomi sessuali. Nei casi in cui siano presenti alla nascita sia i caratteri sessuali maschili che femminili, la persona viene definita intersessuale.
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