di Chiara Del Nero – atleta, psicologa, psicoterapeuta.
In anatomia, la flessibilità, è la capacità che un soggetto ha di compiere movimenti di grande ampiezza ai
limiti delle possibilità articolari e dipende dall’elasticità muscolo – tendinea e dalla mobilità articolare. Essa
varia da individuo a individuo in quanto ognuno nasce con una certa predisposizione che può essere ridotta –
per trascuratezza, cattive abitudini o infortuni, ad esempio – o migliorata – con la pratica di stretching, yoga,
pilates…
Possedere una buona flessibilità arricchisce la qualità della vita poiché migliora la performance (che sia
inseguire un taxi, salire una pertica o assumere particolari posizioni) e riduce l’insorgenza di infortuni.
Nella pratica sportiva, la flessibilità è un fattore determinante poiché un atleta richiede al proprio corpo la
miglior prestazione in condizioni di elevato stress. Gli atleti, dai professionisti agli amatori, hanno iniziato ad
investire molto su questa qualità sebbene ancora oggi si prediliga di più ‘metter su massa’ (ma la sola forza è
accertato che contribuisca a mantenere o acuire la rigidità muscolo – tendinea).
Come la flessibilità muscolare, la flessibilità mentale concorre alla costruzione di una buona qualità
della vita. Anch’essa varia da individuo a individuo nella componente della predisposizione ma può essere
ridotta o migliorata rispetto al repertorio iniziale a seconda della pratica o delle cattive abitudini.
Anche l’allenamento alla flessibilità mentale è parecchio trascurato; si privilegiano strategie metodiche e
standardizzate alla sintonizzazione con la situazione contingente e alla scelta di condotte idonee alle
condizioni che via via si vanno creando.
Ogni gara, in fondo, è unica e irripetibile.
Per affinare questa competenza basterebbero pochi minuti di pratica al giorno.
Ma…come si allena la flessibilità mentale?
“Se il solo strumento che possedete è un martello, vedrete in ogni problema un chiodo”
– Abraham Maslow
Che cosa è, innanzitutto?
La flessibilità mentale è una abilità che ci permette di riconoscere, comprendere e rispondere alle
situazioni e agli imprevisti con un ventaglio maggiore di soluzioni.
Tra le componenti, emergono:
1) la capacità di essere connessi con ciò che sta accadendo – capacità di stare nella situazione così
come è, a prescindere dal fatto che ci piaccia o meno;
2) la capacità di reagire con azioni adeguate ossia ragionate e motivate anziché impulsive, imparando
a gestire le interferenze interne o esterne – distrazioni, insofferenza, sofferenza fisica, pensieri
distorti…
Essere flessibili, è un po’ come imparare leggere i segnali che il corpo, la mente e il mondo ci inviano per
modellare le nostre condotte e raggiungere gli obiettivi prefissati. Essere flessibili significa imparare ad
accettare gli imprevisti, creando soluzioni; il contrario della ruminazione che prevede, di fronte ad un
problema, lo sconforto, l’ostinazione e la proliferazione delle difficoltà.
Un esempio di come favorire la flessibilità mentale nell’attività sportiva?
Questo è il mio esempio. Dopo quasi due anni di corsa saltuaria, ho deciso di tornare a correre una mezza
maratona. Senza pretese; lo scopo è quello di tornare a provare la sensazione di connessione tra corpo, mente
e ambiente. Ciò significa dover rimettere il mio organismo in grado di stare sulle gambe, con la testa.
Significa trovare una valida motivazione per correre decine e decine di chilometri a settimana a prescindere
dal meteo o dalla voglia del giorno. Al di là degli allenamenti specifici di cui si prenderà cura l’allenatore,
allenare la mente significa addestrarla ad agire consapevolmente in mezzo al previsto e, soprattutto,
all’imprevisto.
Come?
Durante l’allenamento di corsa lunga ad un ritmo tranquillo da riscaldamento, ho inserito una seduta di
meditazione in corsa che consiste nell’allenarmi a restare focalizzata su ciò che abbiamo di più caro e che ci
appartiene ‘dalla culla alla tomba’: la respirazione.
L’obiettivo in quella sessione di allenamento è restare concentrati sull’aria più fresca che entra
nell’ispirazione e sull’aria più tiepida che esce con l’espirazione – mantenendo pressoché costante il ritmo
cardiaco al variare delle condizioni del terreno, dei doloretti fisici transitori, delle distrazioni ambientali e dei
pensieri/virus che arrivano alla coscienza come pop corn decisi a distogliere l’attenzione dal compito (“che
noia, ma perché non fermarsi?”, “ma chi me lo ha fatto fare?”, “dopo dovrò passare a fare la spesa”;
“perché non sono rimasta a casa che c’erano le lasagne?”; “se parto troppo forte, scoppio; se parto troppo
piano, finisco ancor più piano…”) …
In una routinaria sessione di corsa, esercitarsi all’accoglienza della fatica fisica e dello sconforto del fare
fatica (poiché non esiste una scappatoia), ci aiuterà in gara a reclutare proprio quell’assetto mentale
positivo, flessibile e disponibile, senza respingere pensieri, emozioni o sensazioni spiacevoli o scoraggiarsi,
ingaggiandosi in un tiro alla fune inutile e controproducente per respingere il tutto.
Quando, infatti, lo stress e la stanchezza compattano le risorse a disposizione consentendo l’accesso solo a
ciò che è automatico, se avremo allenato la flessibilità, il nostro organismo sarà preparato a fare ciò che
deve essere fatto ovvero riconoscere, comprendere e rispondere alle situazioni con un ventaglio maggiore di
soluzioni (gestire cambi di ritmo o ingorghi ai punti ristoro; gestire imprevisti come dover riallacciare una
stringa; gestire un dolore addominale e perder terreno sul gruppo…).
Il contrario della flessibilità è la rigidità mentale, l’impalcatura che spesso costruiamo nel tentativo di
gestire l’imprevedibilità del genere umano e del mondo in generale.
Allenarci all’elasticità attraverso sessioni di meditazione in corsa potrà dare benefici sia a livello psicofisico
che interpersonale in quanto possedere una buona capacità di adattamento, di problem solving e di
gestione delle emozioni è sempre utile – nello sport, nel lavoro, nello studio, nelle relazioni…
Provare per credere!