a cura della dott.ssa Giovanna Panichi
I disturbi del sonno colpiscono il 41% della popolazione, tanto che l’insonnia sembra essere diventata endemica nella società contemporanea: l’ossessione della produttività, l’inquinamento acustico e luminoso, oltre alla necessità di essere sempre “connessi”, generano una sorta di iperarousal che influenza negativamente i nostri ritmi di sonno-veglia. Ma, in questo momento storico di emergenza sanitaria globale, come sono cambiate le nostre abitudini riguardo al sonno?
Proviamo a considerare il nostro cervello alla stregua di un computer con programmi fissi, ma capace anche di ricevere e decodificare informazioni provenienti sia dall’organismo, sia dal mondo esterno, e il sonno come un software presente in default dalla nascita, che si modifica nelle varie fasi della vita, ma che si basa comunque su regole solide e precise. Il sonno, infatti, è regolato principalmente dall’interazione tra i processi omeostatici interni e i ritmi circadiani, legati a particolari zeitgebers, ovvero a marcatori di tempo che scandiscono la nostra routine, alcuni di natura ambientale (alternanza luce-buio, temperatura esterna), altri di natura sociale e comportamentale (orari lavorativi, pause pasti, attività sportive, etc).
Sembrerebbe proprio che questa situazione di lockdown per il Covid 19 stia privando la maggior parte di noi di quest’ultimo sincronizzatore. La riorganizzazione del lavoro in modalità smart working, se non l’assenza momentanea di lavoro, la perdita della regolarità negli orari dei pasti, la diminuzione, o addirittura la sospensione dell’attività fisica, portano ad una condizione per cui tendiamo a coricarci molto oltre il nostro orario abituale (magari guardando serie Netflix fino a notte inoltrata) ed a svegliarci sempre più tardi o ad orari diversi, con forti ripercussioni sulla qualità del nostro sonno. A questo proposito, molte persone riferiscono anche alterazioni rispetto alla qualità della loro attività onirica: i sogni risultano numerosi, più vividi e spesso terrificanti, soprattutto durante la fase Rem (Rapid Eye Movement) del sonno, quella che presenta una maggior attività cerebrale e, poiché periodi più lunghi di sonno Rem si verificano solo durante le ultime ore di sonno, al mattino presto, per la maggior parte delle persone, man mano che il sonno si prolunga, aumentano anche i cicli Rem: più dormiamo, più sogniamo in maniera vivida.
La perdita di regolarità nelle abitudini quotidiane risulta inoltre ancora più problematica per chi già soffriva di disturbi legati al sonno e per i quali essi potrebbero esacerbarsi: l’assenza della routine lavorativa e sociale permette di avere più tempo per dormire, ma i sonnellini pomeridiani riducono la spinta al sonno dedicata alle fasce notturne, con conseguente difficoltà ad addormentarsi la sera o mantenere il sonno durante la notte. A questo aggiungiamo l’ansia e le preoccupazioni per l’emergenza sanitaria in corso: la lunga durata della quarantena, la paura legata al contagio, la frustrazione, la noia, il timore di avere provviste e informazioni inadeguate, le perdite economiche e i pregiudizi possono aumentare quello stato di agitazione emotiva che rappresenta una delle maggiori cause di rimuginio e di ruminazione cognitiva, che vanno ad inficiare il nostro sonno.
E quali possono essere le conseguenze? In questa complessa situazione, un sonno inadeguato può peggiorare il nostro stato psicofisico, con ripercussioni sulla memoria, sulla capacità di concentrazione e sull’umore, rendendoci più irritabili o abbattuti, e tutto ciò con risvolti negativi sui rapporti con la famiglia, per giunta “compressi” tra le mura domestiche. Ma, ancora più importante, un sonno compromesso può minare la nostra capacità di combattere le infezioni attraverso la compromissione della risposta immunitaria. Persone cronicamente private di sonno regolare, come chi soffre da tempo di insonnia o di apnee notturne, mostrano infatti un rischio maggiore di contrarre virus, se esposti ad essi, così come un sonno scarso può facilitare riacutizzazioni di altre malattie croniche.
Quindi, che fare? Se è vero che il sonno è una medicina salva-vita che va presa ad orari precisi e dosaggi adeguati affinché possa mantenere al meglio le funzioni dell’organismo e assicurare il benessere alla nostra quotidianità, occorre tener presenti alcune indicazioni di natura comportamentale:
- esporsi alla luce nella prima parte della giornata, in modo da bloccare la melatonina, l’ormone del sonno;
- evitare i sonnellini diurni superiori a 15 minuti;
- mantenere una regolarità negli orari di addormentamento/veglia, non dormendo più del necessario (in media un adulto necessita di 7 ore di sonno);
- creare un ambiente privo di luminosità e confortevole in camera da letto, usando il letto possibilmente solo per dormire;
- interrompere qualsiasi attività impegnativa nei 90 minuti prima di coricarsi;
- non utilizzare nell’ora che precede il coricarsi schermi a luce blu (smartphone, tablet, pc…), anche per cercare informazioni sull’attuale emergergenza Covid 19, soprattutto se si tratta di fonti non ufficiali (fake news);
- ridurre l’assunzione di sostanze eccitanti (caffè, the, ginseng, nicotina) nella seconda parte della giornata;
- praticare attività fisica regolarmente, ma limitandola possibilmente alla prima parte della giornata;
- mantenere un regime alimentare equilibrato, con orari prestabiliti ed evitando, la sera, zuccheri o piatti complessi, che rendono difficile la digestione;
- strutturare una routine rilassante che preceda il momento del riposo (ascoltare musica distensiva, leggere un buon libro, praticare esercizi di training autogeno).
Appare inoltre di grande efficacia l’integrazione di questi accorgimenti con pratiche cognitive per la riduzione del rimuginio ansioso e della ruminazione, nonché l’utilizzo di esercizi di accettazione e impegno di tipo ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e/o basati sulla Mindfulness di cui si propone qui in conclusione un esempio: “l’osservazione dei treni (trainspotting)”.
Immaginiamo noi stessi in piedi su una piattaforma ferroviaria ad osservare i pensieri che passano come se fossero treni che sfrecciano davanti a noi in una stazione trafficata. Inevitabilmente, la nostra mente vagherà e noi “prenderemo un treno” in corsa, entrando in un pensiero e seguendolo. Questo è il momento in cui praticare la consapevolezza, riconoscendo che siamo entrati in un treno e poi, gentilmente e senza giudicarci per questo, scendiamo dal treno e torniamo alla piattaforma per continuare il nostro trainspotting. Imparando ad osservare i pensieri, piuttosto che interagire con loro o analizzare i loro contenuti, riusciremo a rapportarci con una mente frenetica in un modo diverso, diventandone gli “allenatori”, e può essere un buon punto di partenza per acquisire consapevolezza e lavorare sui pensieri ricorrenti associati ad un cattivo sonno.
Per approfondimenti:
- Espie C. A (ed.it. a cura di L. Palagini), Superare l’insonnia, Erickson, Trento, 2018.
- Pinto F., La terapia di Mindfulness per l’insonnia (MBTI) di Jason C. Ong. Principi e tecniche per dormire meglio, in “State of Mind”, 17/03/2018, reperibile in https://www.stateofmind.it/2018/03/mindfulness-per-linsonnia/