di Dario Pappalardo
“Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice, la più grande è l’amicizia” [Epicuro]
“tutti sanno che la vita non è vita senza amicizia” [Cicerone]
“Sono brutte cose […] però, a parlarne tra amici è un sollievo” [Manzoni]
“Un compagno fidato è sempre utile; e ancor di più un cronista”. [Sir Arthur Conan Doyle]
“Rieux”, disse Tarrou con un tono molto naturale, “lei non ha mai cercato di sapere chi sono io? Lei ha dell’amicizia per me?” “Sì”, rispose il dottore, “ho dell’amicizia per lei; ma sinora c’è mancato il tempo.” [Camus]
Molti hanno scritto sull’amicizia, e in qualità di relazione complessa fra due individui, ne sono state analizzate diverse sfaccettature. Mirabile il contributo letterario al riguardo, il quale tocca tutti gli ingredienti fondamentali di questo arricchente e spesso necessario rapporto, che anche i clinici spesso si trovano a rilevare nelle narrazioni dei propri pazienti.
Cicerone scrive che ci vuole sempre sincerità per ottenere un’amicizia vera. L’amicizia vera non viene dall’ intelligenza che si possiede né dall’ eloquenza ma unicamente dal cuore.
Dante Alighieri nel sonetto Le Rime scrive” Guido, i’vorrei che tu Lapo ed io” esprimendo l’idea di voler evadere dalla realtà quotidiana in compagnia dei due amici, Guido Cavalcanti e Lapo. Si tratta di un’amicizia riservata a pochi eletti. Il riferimento in codice “ alla donna ch’è sul numero de le trenta” è infatti comprensibile soltanto a coloro che sono a conoscenza delle confidenza del poeta, ai suoi amici intimi. Amici quindi come depositari e fiduciari di segreti.
Per Manzoni l’amicizia è necessaria per superare le avversità e aiutarsi a vicenda. La presenza degli amici è fondamentale nel bene e nel male e ci ricorda quanto è importante il conforto che un amico può fornire per superare i momenti difficili della vita. Oltre al conforto Manzoni evidenzia il fondamentale sentimento di fiducia che anima l’individuo disposto, per trovare sostegno pratico ed affettivo, a confidare propri segreti o lati deboli di sé al’altro.
Robin Dunbar, professore di antropologia evolutiva alla Oxford University, nel suo libro “Di quanti amici abbiamo bisogno?” risponde esattamente 150. Oltre questa soglia, a suo dire, i contatti si disperdono rapidamente nella nostra vita. A sostegno della sua tesi porta esempi di costruzione di comunità e funzionalità ad esse collegate. Ad esempio nei villaggi neolitici del 6000 a.C. la comunità non superava le 120-150 unità ed è così oggi per gli Amish e gli Huttery, due gruppi religiosi fondamentalisti, che vivono in comunità medie di 110 persone. Secondo Dunbar vi sarebbero in particolare motivi di coesione e funzionalità nel non superare questi numeri. Per esempio in ambito industriale, quando si supera il numero di 150 – 200 dipendenti, i casi di assenteismo e malattia si moltiplicano. Viceversa nelle imprese più piccole, in cui il dirigente ha la possibilità di conoscere uno per uno i suoi lavoratori, l’ambiente è migliore e diventa più produttivo, al netto di altre concause alla base di tali risultati. Dunbar pone l’accento sui vantaggi pratici dell’amicizia: secondo lui, in qualità di animali sociali ci preme soprattutto sapere come usare le nostre conoscenze e ottenere l’aiuto degli amici in caso di bisogno.
Cristiano Castelfranchi nel suo libro “Che figura”, parla dell’importanza funzionale della propria immagine nel raggiungimento di obiettivi in linea con scopi terminali. Descrive l’amicizia in termini di adozione terminale amicale intendendo in questo modo il ruolo eminentemente funzionalista del concetto di amicizia. L’amicizia sarebbe una forma di relazione strategica, basata sull’immagine per ottenere adozione, ovvero un assunzione di propri interessi da parte di terzi, non portatori di geni in comune, alimentato appunto dalla buona immagine che diamo di noi stessi all’esterno. L’adozione, in termini cognitivo-emotivi, si esprime mediante l’affetto, con buona immagine si riferisce invece alle caratteristiche visibili della persona adottata (per la quale si prova affetto), ad esempio la babyshness, quei tratti infantili che suscitano protezione, inteneriscono e attraggono. Nel caso dell’amicizia (e dell’innamoramento), varrebbe di più, in assenza di una comunanza di geni, il tratto della simpatia, bellezza e intelligenza, tratti che assicurerebbero un vantaggio per l’adottante in termini di reciprocità futura o coincidente.
Quest’ultima lettura potrebbe far storcere il naso a molti, i quali vedono nell’amicizia una relazione scevra da interessi particolari, ma a ben vedere la ricerca di reciprocità permea ogni rapporto di questo tipo. Anche relazioni amicali asimmetriche in termini di potere (buona immagine), sono spiegate e si tengono insieme in quanto gli individui al loro interno raggiungono, o sperano di raggiungere, i rispettivi scopi relazionali che si sono più o meno consapevolmente prefissi. E la gioia autentica che l’amicizia può far provare deriverebbe dalla percezione del conseguimento dei propri scopi, siano essi scopi cosiddetti pratici (es: “con Marco mi diverto molto a giocare”; es: “con Elisa abbiamo molti interessi in comune e spesso ci troviamo per praticarli”) o invece emotivo-affettivi (es: “con Maria mi sento sempre a mio agio”). Come la gioia segnala il raggiungimento di tali scopi, le emozioni negative, quali ad esempio ansia, rabbia, tristezza, segnalano invece il mancato raggiungimento dello stesso.
La ricerca di amicizia può essere anche analizzata da un punto di vista motivazionale. Tutti gli esseri umani possiedono una precisa serie di sistemi motivazionali innati e condivisi con gli altri mammiferi, e altri superiori, specifici della nostra specie, meno legati alla predisposizione innata. E’ opportuno considerare che questi sistemi motivazionali operano molto spesso al di là della nostra consapevolezza.
i sistemi motivazionali in comune con gli altri mammiferi sono:
- Sistema dell’attaccamento: governa la ricerca di cura e vicinanza protettiva e contraddistingue paradigmaticamente il rapporto genitore-figlio, e in età successiva, il rapporto sentimentale. La sua mancata soddisfazione genera un escalation di reazioni emotive quali paura da separazione, tristezza di perdita e infine distacco emozionale. Non è comunque escluso, ritrovare intenzioni mosse da questo sistema anche in un rapporto amicale.
- Sistema dell’accudimento: presiede le azioni di adozione e offerta di cura. E’ il lato speculare del sistema di attaccamento. L’individuo nel quale viene attivato questo sistema ricerca attivamente relazioni in cui può accudire il prossimo. Tale sistema è tipico del genitore nei confronti del bambino ma di nuovo si può ritrovare anche in altre relazioni fra cui quella amicale.
- Sistema sessuale di coppia: attiva il repertorio cognitivo-emotivo e comportamentale deputato alla ricerca del piacere erotico di coppia. Questo può succedere fra amici che “vanno oltre” e infrangono i limiti del rapporto di amicizia instaurando un rapporto sentimentale.
- Sistema di rango (competizione): sistema che governa i legami di forza all’interno di una comunità e definisce quindi i rapporti di dominanza-sottomissione, in relazione all’appropriazione e gestione di risorse limitate nell’ambiente. A seconda dei nostri modelli operativi interni è possibile sentire come più congeniale una posizione di dominanza o sottomissione in un rapporto a due o nel gruppo. In seconda battuta è cruciale la fase di azione a conferma o meno di questa modalità: si potrebbe quindi sentirsi inferiori rispetto agli altri ma ambire alla rivalsa e quindi perseguire posizioni e situazioni nei quali vengono invece dati feedback di sentimenti di superiorità. D’altro canto è possibile invece accettare posizioni del genere in quanto si ravvisa la possibilità di ottenere comunque propri scopi importanti(es: la protezione del leader, il senso di appartenenza, il sostegno) a fronte invece di danni temuti (es: alzare la testa e scagliarsi contro qualcuno percepito più forte è un grosso rischio e forse neanche tanto conveniente da correre). Nei rapporti amicali non è raro trovare questo tipo di sbilanciamenti, e possiamo ancora chiamarli relazioni di amicizia perché entrambi gli individui si impegnano alla costruzione e al mantenimento di un rapporto, costituito dalla reciprocità e dal tentato raggiungimento di obiettivo congiunti strumentali e affettivi.
- Sistema di cooperazione paritetica: questo sistema è l’emblema del rapporto di amicizia. E’ attivato dalla percezione di obiettivi che, anziché configurarsi alla percezione come risorse limitate per l’accesso alle quali è necessario competere, appaiono ai due individui interagenti come meglio perseguibili attraverso un’azione congiunta. Negli altri mammiferi il raggiungimento dell’obiettivo condiviso pone spesso termine all’attivazione del sistema cooperativo, invece nella nostra specie l’attivazione rimane più a lungo attiva e persistente. Due sistemi con regole di attivazione e sequenze emozionali simili sono il sistema di gioco sociale e il sistema di affiliazione (appartenenza), due sistemi, insieme al paritetico che provocano emozioni positive di empatia, lealtà reciproca, gioia da condivisione (nel gioco o nell’attività cooperativa), fiducia, e infine una forma di amore amicale. Questi sistemi sono precursori del sistema motivazionale dell’intersoggettività
Tra i sistemi superiori quello che risulta cruciale nella formazione di amicizie durature e ricche di significato è quella dell’intersoggettività, alla base della teoria della mente dell’altro, della capacità e volontà di condivisione della propria esperienza con l’altro e dell’ascolto attivo. Probabilmente Dante ha sentito questa sorta di fusione intellettuale ed affettiva con i fidi Guido e Lapo, quando ne ha scritto nelle sua opera.
bibliografia
Castelfranchi Cristiano “Che figura” (1988)
Liotti Giovanni, Monticelli Fabio (a cura di) “i sistemi motivazionali nel dialogo clinico” (2008)
Dunbar Robin, “Di quanti amici abbiamo bisogno?” (2011)