a cura della Dott.ssa Chiara Del Nero

Quest’anno, la giornata internazionale dello sport cade nel mezzo di un’emergenza sanitaria così pervasiva da prevedere il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo all’estate 2021.

Ciascuno di noi sta facendo i conti con lo stravolgimento delle priorità personali e delle abitudini per preservare se stesso, i propri cari, la nazione e il mondo intero in una sorta di tragico effetto domino.

Nel microcosmo di ogni sportivo, dall’amatore al professionista, questa pandemia ha determinato il rallentamento o la sospensione dell’allenamento. E non solo. Lo sportivo praticante, ad oggi è oggetto di ‘attenzioni e segnalazioni’, accusato dall’opinione pubblica senza chiedere spiegazione alcuna.

Interrompere una preparazione sportiva, può essere una questione parecchio delicata sia dal punto di vista tecnico che mentale per ogni atleta.

L’aspetto tecnico è dato dal fatto che ogni record non è frutto di un miracolo ma di una sistematica preparazione che prevede impegno, disciplina e sacrificio quotidiano; l’aspetto mentale è dato dal fatto che praticare attività sportiva crea un senso di efficacia personale a posteriori che fa venir voglia di continuare a praticarla.

‘ntender no la può chi no lo prova”.

Fare sport fa stare bene, è vero; produce effetti positivi sul cervello –  perché stimola la produzione di neurotrasmettitori come endorfina, serotonina, dopamina e noradrenalina – e sulla qualità della vita poiché contribuisce a costituire una sana abitudine. E, si sa, una sana abitudine influenza positivamente la salute, il lavoro, le relazioni familiari ed amicali alimentando un circolo virtuoso. 

Contrariamente alle cattive abitudini che concorrono a costituire un circolo vizioso.

PERO’…per non contravvenire alle norme previste dall’emergenza sanitaria né incorrere nella giustizia personale di compaesani stressati dal momento, essendo la prestazione sportiva composta da una moltitudine di ingredienti – abilità, competenze, forza, flessibilità, esperienza, resistenza… – lo stop dell’attività sportiva può non essere totale.

Dal grande atleta al dilettante, tutti tendiamo a prediligere e perfezionare certi ingredienti anziché altri. Una delle ragioni che utilizziamo spesso per trascurare qualcosa è legata al tempo.

Sembra esserci sempre poco tempo!

Oggi che i nostri spostamenti sono limitati e che strutture e parchi sono chiusi, il tempo ha assunto una dimensione paradossale. Abbiamo più tempo ma possiamo fare meno attività abitudinarie. Affiorano così i nostri punti deboli, le nostre vulnerabilità e ciò che, per anni, abbiamo trascurato.

Di necessità, virtù, potremmo sfruttare a nostro vantaggio questo periodo e prenderci cura proprio di quelle competenze indispensabili ma difficili da allenare che troppo spesso vengono sacrificate restando sullo sfondo. Tra queste: il controllo del flusso dei pensieri (altrimenti detto self talk positivo), la gestione delle emozioni, la flessibilità mentale, il riconoscimento dei propri schemi mentali e la gestione dei conflitti interni nei momenti di crisi.

In questo periodo in cui tutto è sospeso, approfondire l’aspetto mentale per entrare in contatto col proprio mondo interiore, può essere un momento di crescita sia come sportivi che come esseri umani.

Lo sport aiuta a focalizzarsi sulla risoluzione di un problema anziché sul problema stesso, insegna che per provare a vincere occorre accettare di poter perdere, educa al fatto che dopo una caduta c’è una ripartenza. Lo sport insegna a collaborare, non solo a competere.

E mai come in questo momento è importante farlo:

  • collaborare per un obiettivo comune, la ripartenza;
  • affrontare la situazione difficile col problem solving, senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni spiacevoli;
  • allenare la flessibilità mentale mantenendosi concentrati su quel che si può fare con ciò che si ha;
  • mantenersi in ascolto con l’altro senza perdere l’umanità, presi dal panico.

Buona giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e per la pace!