A cura della Dott.ssa Silvia Timitilli

Questo Corona Virus sconvolge tutti noi, sconvolge i nostri equilibri e le nostre abitudini.

Questa emergenza ci richiede di tirare fuori tutta la nostra resilienza, quella capacità che, non sapendolo, condividiamo con i metalli, ovvero l’abilità di piegarci senza spezzarci.

La resilienza per un genitore assume, in questo particolare frangente, i connotati della capacità di reinventarsi, trovare nuove strade (alcune mai battute) per creare nuovi equilibri, urgenti, si spera solo temporanei e fondamentali per il proprio benessere e per quello dei propri figli. Essere padre implica da sempre prendersi cura dei propri bambini e in particolare dei loro bisogni fisici ed emotivi, bisogni che spesso, come genitore, si decide di mettere dinnanzi ai propri.

Essere un “papà” (o “babbo” come si dice in Toscana) ai tempi del Corona Virus significa tante cose diverse. Significa reinventarsi ogni giorno, significa apprendere e sviluppare nuove strategie che mai si sarebbe pensato di dover “tirare fuori dal cilindro” e significa soprattutto sacrificarsi in un momento in cui tutto sembra così incerto e fragile.

Se si è padri di bambini molto piccoli, essere un papà significa trasformarsi in un educatore o intrattenitore “h 24”. Trovare attività nuove per tenere i piccoli impegnati, perché sono così piccoli per cui non è possibile spiegare loro a parole cosa sia il Corona Virus o perché non si possa più andare in giro con il passeggino alla solita ora come si era sempre fatto. Non è possibile spiegarlo a parole appunto, ma è possibile aiutarli con il nostro esempio e la nostra pazienza per accogliere quei momenti di “capriccio”, di insofferenza e di frustrazione in cui un bambino piccolo si trova improvvisamente negato un suo bisogno senza neppure capirne il motivo.

Essere papà di un bambino più grande significa improvvisarsi a volte insegnate, aiutarlo con i compiti, motivandolo a non lasciare indietro lo studio durante quella che sembra una strana vacanza, in cui a scuola non si va, in cui non è estate, in cui non si va al mare e in cui soprattutto non è possibile stare fuori, fare sport o vedere gli amici. Essere un papà significa anche trovare una spiegazione adatta al proprio figlio e alla sua età, una spiegazione che sia al tempo stessa vera e alla sua portata. Pensiamo quanto possa essere difficile spiegare a parole semplici e al tempo stesso veritiere che cosa sia il Corona Virus, quando capire che cosa sia e cosa stia succedendo diventa estremamente difficile anche per noi che siamo adulti.

Essere un papà, durante questo periodo di emergenza, significa anche saper accogliere le paure dei nostri figli, le loro domande e saperle gestire gestendo al tempo stesso le nostre stesse emozioni e i nostri stessi dubbi.

Essere un papà per molti padri, in questo momento, significa anche essere lontani dai propri figli, poterli vedere solo attraverso lo schermo di un cellulare, di un tablet o di un pc. Sono figli “grandi”, ormai maggiorenni e forse a loro volta genitori, ma sono pur sempre “figli”, per i quali un padre si preoccupa, ai quali si vorrebbe dare solo la massima protezione e rispetto ai quali ci si trova distanti chilometri senza la possibilità di poterli raggiungere perché troppo pericoloso per entrambi.

Essere padri in questo momento è vero può essere molto difficile, ma può anche donare grande gioia e speranza quando vediamo il sorriso di nostro figlio davanti a noi o anche solo attraverso lo schermo di un pc.

Un augurio a tutti i papà e babbi di Italia allora, affinché quel sorriso lontano o vicino possa scaldare i loro cuori e rendere speciale questa strana Festa del Papà!