a cura della Dott.ssa Antonella Grimaldi
Tutti ormai parlano dell’argomento “DSA” (Disturbo Specifico degli Apprendimenti) chi per conoscenza diretta, chi per quella indiretta e chi anche solo per sentito dire. Tanto si sa su diagnosi, linee guida, leggi, normative e indicazioni che caratterizzano l’argomento ma spesso non viene posta la giusta attenzione su un altro aspetto, definito da De Silvestri (1982) come “il problema secondario” ma non per questo meno importante. Viene definito problema secondario la valutazione che la persona fa circa la propria reazione emotiva e comportamentale. Mi riferisco all’aspetto “Psi” dell’argomento DSA, a cosa accade al mondo interno di un bambino/a ragazzo/a e alla famiglia dopo la comunicazione di una diagnosi. Quale sarà il giudizio e/o il significato che queste persone attribuiranno al proprio stato d’animo, pensieri e sensazioni, e inoltre quali effetti avranno tali valutazioni soggettive sul mantenimento della sofferenza psicopatologica?
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali V (DSM V, 2015) i disturbi specifici di apprendimento (DSA) sono caratterizzati dalla persistente difficoltà di apprendimento delle abilità scolastiche chiave, per almeno 6 mesi, tra lettura delle parole lenta o imprecisa e faticosa, difficoltà nella comprensione del significato di ciò che viene letto, difficoltà nello spelling, difficoltà con l’espressione scritta, difficoltà nel padroneggiare il concetto di numero, i dati numerici o il calcolo, difficoltà nel ragionamento matematico. Negli adulti, una difficoltà persistente si riferisce a difficoltà continuative nel leggere e nello scrivere o nelle abilità di calcolo. Le abilità scolastiche sono al di sotto di quelle attese per età e causano interferenza con il rendimento scolastico o lavorativo. La prevalenza dei disturbi specifici di apprendimento (DSA) nell’ambito di lettura, scrittura e calcolo è pari al 5-15% tra i bambini in età scolare trasversalmente a linguaggi e culture differenti. La prevalenza negli adulti sembra essere del 4%.
I disturbi specifici di apprendimento (DSA) si distinguono in:
Dislessia. Compromissione della lettura, in particolare nell’accuratezza nella lettura delle parole, nella velocità o fluenza della lettura e comprensione del testo;
Disgrafia. Compromissione dell’espressione scritta, dell’accuratezza nello spelling e nella grammatica e nella punteggiatura;
Discalculia. Compromissione del calcolo: concetto di numero, memorizzazione di fatti aritmetici, calcolo accurato o fluente e ragionamento matematico corretto.
Tali compromissioni possono manifestarsi con differenti gradi di gravità (lieve, moderata e grave).
Le difficoltà di apprendimento sono considerate “specifiche” in quanto non sono attribuibili a disabilità intellettive, a ritardo globale dello sviluppo a disturbi uditivi o visivi, o a disturbi neurologici o motori. Gli individui mostrano quindi livelli normali di funzionamento intellettivo.
In seguito alla promulgazione della legge in materia di DSA, Legge 8 ottobre 2010 n. 170 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico) sono stati pubblicati, il 12 luglio 2011, anche il decreto attuativo e le Linee Guida ad esso associate, che spiegano in forma dettagliata e specifica tutte le azioni che gli Uffici Scolastici Regionali, le scuole e le famiglie devono mettere in atto per tutelare e supportare gli allievi con DSA.
Inoltre, data la complessità dell’argomento, la grande mole di ricerche e dati scientifici in materia e la necessità di aver una cornice comune di conoscenze condivise tra le figure professionali coinvolte è nato un ulteriore strumento la Consensus Conference, un documento che mira al miglioramento della prassi clinica e che precisa quali sono le aree ancora da indagare per migliorare la ricerca e lo studio come suggerito dalla Legge 8 ottobre 2010 n. 170.
Tralasciando, seppure importantissima, la questione comorbidità e diagnosi differenziale, che meriterebbe un ampio spazio di discussione, ci concentreremo qui sull’importanza di intervenire sugli aspetti emotivi che insorgono in seguito ad una diagnosi di Disturbo specifico dell’Apprendimento.
Spesso sia i bambini che le loro famiglie si ritrovano catapultati in un mondo nuovo, pieno di informazioni e dati, a questa iniziale fase di smarrimento, si può insinuare una vera e propria fase di sofferenza emotiva e patologica. In alcuni casi, tale sofferenza, sembra durare giusto il tempo che serve per riorganizzarsi e ridefinire nuove strategie che porteranno al raggiungimento degli stessi obiettivi o di obiettivi nuovi (risoluzione del problema – sofferenza) mentre, in altre situazioni, questa fase inizia ad acquisire il carattere della stabilità e permanenza (mantenimento del problema-sofferenza). Quest’ultima ipotesi definita di non accettazione, può rappresentare l’inizio del disagio-sofferenza inteso come compromissione(perdita) o minaccia nel raggiungimento (minaccia di perdita) di un proprio scopo personale e rilevante. Seguendo l’approccio cognitivo, si ipotizza infatti che il conflitto fra desideri e scopi di un individuo può generare un certo grado di sofferenza emotiva (es. “vorrei essere bravo almeno come i miei compagni” “se sono dislessico non sarò mai come i miei compagni” oppure “penso che nostro figlio sarà in grado di fare tutto quello vuole nella vita” “ma i dislessici non raggiungono un lavoro stabile, se poi vorrà partecipare ad un concorso? avrà una vita serena e appagante?”).
Importante attenzione va rivolta proprio a questa fase della comunicazione della diagnosi, sia il bambino/ragazzo che la famiglia vanno accompagnati in un graduale processo di comprensione e accettazione. Inoltre, si parla di presa in carico globale e di attivazioni di interventi su più livelli e multisetting con l’obiettivo da una parte di riconoscere e accettare i propri limiti ma al tempo stesso di individuare punti di forza e risorse e dall’altra di riconoscere in tempo ed interrompere eventuali circoli viziosi disadattativi e disfunzionali.
Gli interventi
Terapia Riabilitativa
La Terapia Riabilitativa si pone come intervento volto a promuovere e sviluppare le aree deficitarie (lettura, scrittura e calcolo) attraverso training specifici (funzioni esecutive, abilità fonologiche, metafonologiche, lessicali ecc.) ma anche interventi metacognitivi come suggerito da Cornoldi nel 2007.
Obiettivo principale degli interventi riabilitativi è quello di fornire un fattore protettivo per lo sviluppo sano nel bambino, riducendo il disagio o un eventuale abbandono scolastico, attraverso un miglioramento della qualità del metodo di studio e della vita scolastica.
Psicoterapia
Il trattamento psicoterapeutico ha come obiettivo quello di individuare meccanismi ricorsivi, circoli viziosi e bias cognitivi che possono favorire il mantenimento della sofferenza o di un disturbo psicopatologico. È utile infatti, ricostruire direttamente con il bambino/ragazzo il modello del disturbo, individuare gli stati emotivi principali e le credenze rispetto alle situazioni target temute. In un secondo momento sarà opportuno valutare gli scopi compromessi, i comportamenti protettivi o gli evitamenti che mantengono il disturbo. Il passo successivo consiste nell’utilizzo di alcune tecniche specifiche della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale che possano aiutare il bambino/ragazzo ad affrontare le proprie difficoltà. Ricostruendo alcuni ABC in seduta si può coinvolgere direttamente l’individuo nella scelta dei passi da affrontare per il cambiamento e/o accettazione. Altri interventi utili nel percorso psicoterapeutico consistono nella normalizzazione delle emozioni, accettazione del rischio, psicoeducazione sulle emozioni, interventi sulle abilità sociali e sui comportamenti assertivi, intervenendo sugli evitamenti programmando delle esposizioni graduali alle situazioni temute e infine dedicando uno spazio alla prevenzione delle ricadute.
Intervento con la Famiglia
L’intervento con la famiglia rappresenta un passaggio fondamentale nel trattamento della sofferenza emotiva associata al disturbo dell’apprendimento. In particolare, dopo la diagnosi tutta la famiglia si ritrova a dover affrontare “il problema DSA” e proprio per evitare spiacevoli situazioni relazionali o l’instaurarsi di cicli cognitivi interpersonali (Safran e Segal; 1993) disfunzionali che potrebbe mantenere o esacerbare il problema stesso è necessario che il professionista intervenga. Accade spesso che i genitori non riuscendo a tollerare questa nuova informazione che riguarda il proprio figlio finiscano per adottare uno stile di risposta influenzato dalle proprie emozioni e credenze, da lì in poi, la possibile gamma di reazioni influenzerà la gestione e l’equilibrio familiare. Ad esempio, alcuni genitori sembrano reagire aiutando il proprio figlio nella gestione dei compiti, diventano iperprotettivi tanto da sostituirsi agli stessi nel portare a termine le incombenze scolastiche. Tale atteggiamento di iperprotezione genitoriale può indurre nel bambino/ragazzo uno stile di risposta caratterizzato dalla deresponsabilità e a tal proposito, questo stile di risposta può rappresentare un vero e proprio ostacolo nel raggiungimento dell’autonomia scolastica producendo infine un’alterazione dell’immagine di sé. Inoltre, sempre l’assunzione di uno stile genitoriale iperprotettivo può indurre nell’altro genitore altre possibili risposte di compenso alla nuova situazione “problema”. Per questo motivo e per altre possibili implicazioni degli stili genitoriali, che per spazio non possono essere tutti elencati qui in questo articolo, è importante supportare la famiglia in questo passaggio delicato e determinante del proprio futuro.
Intervento scolastico
L’intervento del professionista all’interno di uno degli ambienti più importanti per il bambino/ragazzo ha come obiettivo principale quello di prevenire, individuare e gestire alcuni circoli viziosi che influenzano negativamente la relazione bambino/scuola/famiglia. Lo psicologo interviene con la scuola a vari livelli dal formare gli insegnanti sul tema DSA e sui fenomeni emotivi associati, propone l’adozione di una didattica adeguata alle esigenze individuali, suggerisce l’adozione di alcune strategie compensative o delle misure dispensative, collabora alla stesura del PDP(Piano Didattico Individualizzato) e partecipa ai gruppi di lavoro multiprofessionali, suggerisce l’utilizzo di strumenti multimediali o altri tipi di strategie di studio per favorire il processo di apprendimento, suggerisce inoltre, le modalità più adeguate per l’introduzione di tali strumenti, interviene infine, nella mediazione dei rapporti scuola/famiglia.
Bibliografia
- American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.
- Disturbi specifici dell’apprendimento CONSENSUS CONFERENCE ROMA, 6-7 DICEMBRE 2010.
- Gazzetta Ufficiale N. 244 del 18 Ottobre 2010 LEGGE 8 ottobre 2010 , n. 170 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.
- Il processo interpersonale nella terapia cognitiva. Safran J.D.; Segal Z.V.. Feltrinelli Editore Milano. Prima edizione Italiana 1993.
- LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DSA .D.M. 12 Luglio 2011.
- Psicoterapia Cognitiva dell’infanzia e dell’Adolescenza. Nuovi sviluppi. A cura di L. Isola G. Romano, F. Mancini. Franco Angeli s.r.l. Milano 2016.