a cura della dott.ssa Francesca Davini
“Io sono, tu sei, lui/lei è bipolare”… Quante volte abbiamo sentito questa espressione nel linguaggio comune senza avere ben chiaro di che cosa si tratti? Quante volte pensiamo che bipolarità significhi semplicemente essere lunatici? Facciamo chiarezza e definiamo gli aspetti salienti che delineano tale quadro clinico.
I disturbi bipolari interessano
📌 il tono dell’umore, il quale varia lungo un continuum i cui estremi sono rappresentati da tristezza/depressione e gioia/euforia che si accompagna ad accresciuta autostima e notevole sensazione di benessere;
📌 i livelli di energia, che possono essere ridotti tanto da ritenere gravoso anche il solo svolgimento degli impegni quotidiani o aumentati così da ingaggiarsi in numerose attività;
📌 le modalità di pensiero. Quest’ultimo può essere rallentato, orientato in termini negativi e pessimistici o alternativamente accelerato ed ottimista in cui le idee scorrono veloci e maggiore è la progettualità.
A seconda della polarità, si parla di episodi depressivi o episodi maniacali ed ipomaniacali.
L’attuale DSM-5 parla di
📌 Disturbo Bipolare di tipo I: per fare diagnosi è necessaria la presenza di almeno un episodio maniacale, di cui ne sono aspetti caratteristici l’umore espanso, la velocità nel pensiero e nell’eloquio, l’ottimismo e la fiducia nelle proprie abilità che possono portare l’individuo ad allentare la capacità di giudizio e a correre maggiori rischi.
📌 Disturbo Bipolare di tipo II: per fare diagnosi, è necessaria la presenza di almeno un episodio ipomaniacale (che si caratterizza per un profilo più basso rispetto all’episodio maniale) ed uno depressivo in cui ci si sente tristi, demoralizzati e privi di uno slancio vitale.
📌 Disturbo Ciclotimico: per fare diagnosi, è necessaria la presenza per almeno due anni di ripetuti periodi con sintomi ipomaniacali alternati a periodi con sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per parlare di episodio ipomaniacale e depressivo.
to be continued…