a cura della Dott.ssa Martina Di Biase
Demenza: di tipo Alzheimer, cenni del quadro diagnostico
L’allungamento dell’aspettativa di vita è una conquista della società contemporanea e pone di fronte all’importanza della cura delle patologie correlate all’invecchiamento, fra cui le demenze, purtroppo note come irreversibili e invalidanti. Ad oggi per quest’ultime non esiste terapia con prospettive di guarigione, ma ci sono possibilità di interventi per rallentare la malattia e migliorare la condizione di vita del paziente e della sua famiglia.
La demenza è una progressiva disgregazione della funzioni cognitive che tende a una perdita delle autonomie e dell’identità personale e sociale. Si dissolvono dapprima quelle operazioni mentali che conferiscono abilità di raccogliere le informazioni, riconoscerle, immagazzinarle, elaborarle e agire attraverso il comportamento e il linguaggio. In pratica sfumano nel tempo quegli strumenti che permettono di costruire una mappa della realtà e, attraverso un processo fluido e unitario, di agire in modo appropriato nell’ambiente, adattandosi ad esso e/o modificandolo.
Di solito, durante il decorso, compaiono anche alterazioni del comportamento, del tono dell’umore e della personalità e infine sintomi psicopatologici. Dunque si riscontrano spesso depressione, apatia, ansia, agitazione, irritabilità, talvolta aggressività, comportamenti motori afinalistici e confusi come dondolamenti, wondering, vocalizzi o lamenti, deliri e allucinazioni, disturbi del ritmo sonno-veglia e compromissione degli stimoli interni come senso di fame e di sete e del dolore.
Le cause della patologia sono multifattoriali e ancora oggetto di studio e ricerca; ai fini vantaggiosi del trattamento, conta per prima cosa formulare una precoce e precisa diagnosi da parte del medico competente.
Trattamento
Nel corso degli anni, è stata maturata una risposta terapeutica multiprofessionale, integrata e coordinata, sempre più pronta a offrire interventi multidimensionali e interdisciplinari, adatti alla complessità di questa malattia. Infatti, la disponibilità di figure professionali diverse (di ordine medico, psicologico, riabilitativo, sociale e assistenziale/infermieristico) crea una continuità terapeutica necessaria per fronteggiare le numerose esigenze; inoltre, consente una periodica rivalutazione dello stato globale, imposta dalla notevole variabilità dell’evoluzione della malattia.
Accanto al trattamento farmacologico, il piano riabilitativo prevede l’elaborazione in équipe di un programma individualizzato, a misura del paziente e del suo contesto familiare e socio-ambientale. In particolare i trattamenti riguardano la cognitività, le funzioni neurosensoriali, l’affettività, il linguaggio, il sonno, l’alimentazione, le funzioni motorie, la salute fisica, l’autonomia personale e le relazioni interpersonali. Questo programma viene costruito dopo una accurata e precisa valutazione di tutte le sfere della persona, sulla base di una chiara identificazione di obiettivi compatibili con la condizione clinica, al fine di strutturare attività di stimolazione efficace, cioè adeguata sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Lo scopo principe è preservare il benessere del paziente e della sua famiglia, nelle varie fasi di malattia, modificando gli obiettivi terapeutici sulla base dei bisogni via via rilevati.
Il piano riabilitativo non farmacologico
Fondamentale requisito del programma riabilitativo è un approccio validante, ingrediente basilare per stipulare una buona alleanza terapeutica: è indispensabile che ogni professionista si sintonizzi con empatia, rispetto e comprensione sulla sfera emotiva del paziente, utilizzando nella comunicazione anche degli accorgimenti che favoriscano la tranquillità, la fiducia e la gradevolezza dell’interazione e che contemplino i tempi rallentati dell’anziano malato. La dignità della persona diventa elemento centrale per contrastare il più possibile l’inesorabile spersonalizzazione prodotta da questa patologia; pertanto, è necessario accostarsi al paziente con umanità e con un atteggiamento di ascolto. In questo modo si genera una predisposizione alla terapia nel paziente e nell’operatore, con esiti positivi a sostegno della motivazione alla collaborazione.
La motivazione a partecipare alle attività proposte si può ritrovare anche attraverso una ricerca e quindi un’offerta di input interessanti, adeguati e familiari per il paziente.
L’obiettivo del programma è quello di puntare sulle capacità residue e al mantenimento delle autonomie nelle attività quotidiane, scegliendo tecniche specifiche per ciascun ambito di intervento. Le iniziative riabilitative propongono stimolazioni a carattere cognitivo, comportamentale, sensoriale, motorio, sociale e relative alla cura di sé.
Tecniche riabilitative principali
Vi è una gamma di tecniche riabilitative messe in atto da specialisti diversi che cooperano e interagiscono fra loro, suggerendo esempi e modelli funzionali di approccio e di gestione anche ai familiari e a tutti i collaboratori coinvolti nella vita del paziente. Eccone alcune.
- Molto utili risultano sia l’impiego di segnali significativi per il paziente, come simboli e indicazioni, colori, calendari, timer ecc per facilitare l’orientamento spazio-temporale, sia l’uso di oggetti personali tra cui fotografie, soprammobili e immagini, vòlti a rimandare un’eco ai legami affettivi e alla storia di vita.
- Per contrastare i deficit mnesici, esistono esercizi di allenamento delle funzioni cognitive, per perseguire il mantenimento dell’attenzione, il recupero delle informazioni soprattutto relative ad eventi recenti, il riconoscimento di volti e oggetti e infine la conservazione di gesti semplici di vita quotidiana, del pensiero astratto e critico e di un linguaggio ricco e fluido. Vengono proposte anche tecniche compensative di memorizzazione che facilitano la ritenzione e l’apprendimento, per esempio artifici intesi ad ordinare mentalmente le cose da ricordare.
- La terapia 3R dedica interesse anche alle implicazioni affettive dei deficit cognitivi del paziente, poiché è ormai noto che lo stato emotivo ha un impatto rilevante sulla memoria. Questo intervento adotta tre tecniche specifiche conosciute come: terapia di riorientamento alla realtà (ROT), terapia di reminiscenza e terapia di rimotivazione. In breve, la prima consiste in ripetitive stimolazioni multimodali e si prefigge di rafforzare le informazioni di base del paziente rispetto alle coordinate spazio-temporali e alla storia personale; la seconda si fonda sulla naturale tendenza dell’anziano a rievocare il passato e si focalizza sull’elaborazione di conflitti intrapsichici irrisolti, sull’identificazione dei propri significati di vita e sulla ricerca di memorie positive e può essere fonte di soddisfazione e di elevazione dell’autostima; la terza mira a una rivitalizzazione della curiosità e dell’interesse per gli stimoli esterni, anche relazionali, evitando così l’isolamento.
- Una tecnica utilizzata in presenza di severa compromissione cognitiva è la terapia di validazione, secondo cui il terapeuta tenta di immedesimarsi appieno nel “mondo” del paziente attraverso un contatto emotivo, finalizzato a suscitare in quest’ultimo una percezione di accettazione sociale e affettiva che va a nutrire l’autostima e che sembra migliorare le relazioni interpersonali.
- Il training psicosensoriale e la fisioterapia coadiuvano nel potenziamento delle capacità funzionali globali del malato, rappresentando un mezzo valido per conservare le abilità residue, mantenere alte la motivazione e la socializzazione, migliorare il ciclo sonno-veglia, il tono dell’umore e la comunicazione, stimolare l’appetito, ridurre lo stress e l’ansia e per ottenere numerosi altri benefici percepiti soggettivamente da ciascun paziente.
- Un intervento noto per la sua efficacia è la terapia occupazionale: comprende un complesso di interventi finalizzati a rendere il soggetto meno dipendente nelle attività di vita quotidiana e più capace di rispondere ai propri bisogni fondamentali fra cui anche le interazioni sociali. Questa tecnica tiene di conto delle esigenze e delle abitudini del paziente, dei suoi gusti, delle sue preferenze e di ogni altra particolarità che lo caratterizzi e identifichi. Le attività proposte rispettano la personalizzazione dell’individuo.
- Altre tecniche validissime impiegate per il trattamento di questa malattia, e devo limitarmi a citarne alcune, sono la musicoterapia, la pet therapy e i gruppi intergenerazionali.
- Un aspetto altrettanto importante riguarda la cura di sé, sia per preservare la dignità del malato, sia per promuovere il suo benessere: esortare il paziente a prendersi cura di sé, a compiere tutte quelle azioni che è in grado di fare in autonomia, sostenendolo se necessario, rinforzando la memoria degli automatismi motori e anche l’amor proprio. Ciò giova soprattutto al senso di autoefficacia e all’autostima.
- Sebbene la cura e la sicurezza dell’ambiente non incidano sul decorso della malattia, sono comunque essenziali per assicurare l’incolumità fisica della persona all’interno dei luoghi in cui vive, che devono essere strutturati e arredati in modo da compensare le limitazioni causate dai deficit comparsi e tali da stimolare le capacità residue. Devono essere ambienti personalizzati, adeguatamente progettati e organizzati, nel rispetto della privacy e della libertà.
- La famiglia ha un ruolo molto importante nella gestione del paziente e può essere una risorsa terapeutica, considerando che il paziente ha bisogno di riferimenti affettivi fissi e ripetuti, perciò va valorizzata e coinvolta, laddove possibile, nel programma terapeutico. Tuttavia l’impatto risulta gravoso fin da subito, quindi è giusto prestare attenzione ai bisogni della famiglia e alla salvaguardia della qualità di vita dei familiari. Ciò significa informarli, educarli, sostenerli e offrire loro punti di riferimento stabili a cui rivolgersi in caso di necessità. Da qui, nasce anche l’esigenza di eleggere e formare un care giver, ossia un addetto che si occupi della gestione del paziente sotto molteplici punti di vista, persino economico e legale. In alcuni programmi, vengono proposti anche gruppi di sostegno psicologico destinati a questa figura chiave che si interfaccia con il malato e il servizio di cura e aperti ai familiari qualora sentissero il bisogno di un supporto emotivo strutturato.
“Siamo anime in una storia incancellabile” G. Todrani