a cura della Dott.ssa Chiara Del Nero

L’INSEGNAMENTO DELLE SARDINE

La paura è adattiva, serve a percepire il pericolo e a mettere in atto strategie utili alla conservazione; il panico – unito all’egoismo dirompente nei nostri tempi – mette in pericolo noi stessi e la collettività.

Per questo, dove il senso morale personale non riesce ad arrivare, ecco che viene imposto dall’alto. 

DOVE LA COSCIENZA UMANA NON ARRIVA, PRENDIAMO ESEMPIO DAL MONDO ANIMALE.

Per difendersi dai predatori e dai pericoli in genere, gli animali mettono in atto istintivamente delle strategie di difesa ben precise che a noi spesso appaiono bizzarre. Alcuni animali si mimetizzano o si fingono morti; altri espellono le viscere dal corpo o schizzano sangue dagli occhi; altri ancora usano le proprie costole come armi o diffondono sostanze nauseabonde e velenose per mettere in fuga i nemici. Un’altra tipologia di animali, mette in atto strategie di difesa collettive come le colonie di formiche malesi (o formiche kamikaze) che, per difendere la comunità, sacrificano qualche elemento; o le termiti della Guiana francese le cui più anziane affrontano il nemico rischiando di soccombere per permettere alle altre la ritirata.  

Alcuni pesci, come meccanismo di difesa verso i predatori, formano i banchi per confluire insieme in una unica direzione, spiazzare il nemico e accrescere la probabilità di sopravvivenza.

L’UNIONE FA LA FORZA. 

Tutti insieme è una strategia che molti animali utilizzano per garantire una più alta probabilità di sopravvivenza al singolo e alla specie. 

E noi umani? Fino a poco tempo fa si parlava di persone e persone che riempivano le piazze. 
Si parlava di #sardine.

Oggi, più di allora, c’è da imparare proprio da questi pesci. Non per riempire le piazze ma per avere una direzione, un movimento comune.

Per le sardine forse è più semplice perché non pensano; è questione di istinto (stimolo – risposta). Per noi esseri umani, esseri dotati di neocorteccia, c’è un passaggio in più: dobbiamo sceglierlo.

Per andare nella direzione giusta, occorre scegliere di fare la cosa giusta. E la scelta giusta può non essere finalizzata al bene proprio nel breve termine bensì al bene comune nel lungo termine.

Il senso della vita è proprio questo: la prosecuzione della specie al di là della finitudine della nostra stessa esistenza che vorremmo ricca di soldi e mojito, vacanze al mare e/o in montagna. 

Ma senza la salute, si va poco lontano… e infatti eccoci alla resa d(e)i…Conti.

Quel che sta accadendo in questi giorni (senza parlare del Pianeta che abbiamo ridotto all’osso insieme a troppe specie animali) dovrebbe farci riflettere sul livello di involuzione che abbiamo raggiunto. 

L’incapacità ad accettare regole elementari per proteggere un bene indispensabile, la salute; la difficoltà a fare sacrifici oggi per un beneficio a più ampio raggio nel domani; il tentativo di aggirare qualsiasi ostacolo si interponga tra noi e i nostri bisogni percepiti come impellenti, è un grandissimo esempio del contrario di quello che altre specie animali fanno per sopravvivere. 

È davvero la neocorteccia a renderci animali superiori? 

Ho i miei dubbi…