a cura delle dottoresse Martina Perini e Martina Di Biase

CHE COSA SIGNIFICA IL TERMINE “RESILIENZA”?

E’ una parola che non si usa spesso nel linguaggio di tutti i giorni, ma ogni tanto ricorre anche in campi diversi da quello psicologico o psicoterapico. Se scorriamo il vocabolario online della Treccani possiamo leggere: Resiliènza 1) Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto: prova di r.; valore di r., il cui inverso è l’indice di fragilità. 2) Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale. 3) In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.

COME SI ASSOCIA IL CONCETTO DI RESILIENZA AL CAMPO DELLA PSICOLOGIA-PSICOTERAPIA?

Resilienza intesa come capacità di resistere adattandosi al cambiamento è un termine che se viene applicato al campo psicologico sta ad indicare la capacità di un individuo di far fronte ad eventi stressanti e potenzialmente distruttivi, uscendone fuori vincitore. Anzi, la resilienza è qualcosa in più di un semplice adattamento: dopo aver superato la difficoltà si diventa capaci di trasformare questa esperienza negativa in una occasione formativa di accrescimento che permette di riorganizzare positivamente la vita (Malaguti, 2005). Grazie infatti ai fattori di protezione (risorse personali affettive e relazionali), particolari eventi possono esser superati e vinti. La portata di queste situazioni potenzialmente traumatiche però non deve essere totalizzante: come afferma infatti Cyrulnik la perturbazione può esser paragonata al sassolino che penetra nell’ostrica e fa sì che questa produca una meravigliosa perla; se il sassolino fosse troppo grande potrebbe infatti uccidere il mollusco. Storicamente uno dei primi studi fatti sulla resilienza fu condotto da Emma Werner (Werner & Smith, 1992) sui neonati di una isola dell’isola Kauai nelle Hawaii un terzo dei quali, nonostante le difficili condizioni di vita durante l’età dello sviluppo, intorno alla maggiore età era cresciuto in modo adeguato, riuscendo ad avere relazioni stabili, lavori soddisfacenti arrivando persino ad aiutare gli altri. In campo psicologico la resilienza è quindi la capacità di evolversi anche in presenza i fattori di rischio (Luthar & Ziegler, 1991; Rutter, 1979).

CHE COSA SONO LA RESILIENZA INDIVIDUALE E LA RESILIENZA RELAZIONALE E COME POSSONO INTEGRARSI?

La resilienza può essere individuale e relazionale: per quanto riguarda l’individuo sono centrali la bontà dei legami affettivi, la fiducia nel proprio valore e nelle proprie risorse, l’efficacia della comunicazione. Cyrulnik vi aggiunge anche la struttura del trauma ed il significato di questo per il soggetto all’interno del contesto in cui vive. Secondo l’approccio della psicoterapia sistemico relazionale la resilienza va collocata all’interno della teoria dei sistemi (Walsh, 2008) poiché il contesto relazionale (rete familiare e sociale in generale) in cui l’individuo vive può influenzare in maniera potente questa capacità di fronteggiare i problemi e “rinascere dalle ceneri”. In questo senso Froma Walsh parla di resilienza familiare e ne indica i fattori protettivi: la flessibilità, la reciprocità cioe’ l’unione delle forze ed una comunicazione efficace.

ESISTE UN MODELLO PSICOTERAPICO STRUTTURATO RIGUARDANTE LA RESILIENZA IN OTTICA SISTEMICO-RELAZIONALE?

E’ stato elaborato un modello a sei fasi che consente un processo terapeutico e strutturato per superare ed elaborare il trauma da M. Selvini, A. M. Sorrentino e M.C. Gritti (2012). Questo processo cerca di promuovere sia fattori legati alla resilienza individuale che familiare e consiste in sei passi:

1) Riconoscere l’esistenza e l’origine di un trauma irrisolto

2) Fornire al soggetto un “tutor di resilienza” secondo le parole di Cyrulnik che possa fornire una base sicura

3) Dare parole al dolore condividendo la sofferenza con un ascoltatore (terapeuta) empatico

4) Costruire un racconto coerente ed equilibrato cercando di guardare oggettivamente la realtà, ma attingendo positivamente a tutte le risorse

5) Mai sentirsi vittima impotente, ma valorizzare autostima, impegno e senso di autoefficacia

6) Riconciliarsi e perdonare

COME SI APPLICA IL CONCETTO DI RESILIENZA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA?

In riabilitazione, per approccio integrativo si intende una modalità di trattamento che permette di accettare, includere, espandere e arricchire la vita dell’essere umano, e che mira al rinforzo sociopsicocognitivo per (r)esistere e crescere in modo resiliente, contemplando anche la fatica di vivere e la pazienza di far fronte alle avversità quotidiane. Pertanto, il termine “curare” assume significati e valori di accoglienza, di ascolto e di attenzione ai complessi bisogni personali e mutevoli umani e orienta il percorso riabilitativo verso la direzione di consapevolezza, nell’ottica evolutiva del divenire. Di fatto, si elaborano progetti personalizzati rivolti all’aumento della qualità della vita e alla crescita personale con un duplice scopo: favorire l’integrazione dell’IO a livello personologico e promuovere il reinserimento sociale. Si tende ad andare oltre ai quadri di disabilità, svantaggio, menomazione e disfunzione, per raggiungere invece una formazione dinamica dell’individuo in relazione al suo ambiente. L’individuo sperimenta la possibilità di essere se stesso dentro al mondo, monitorato durante i cambiamenti e nei recuperi interposti: è un’iniziativa terapeutica operativa che prevede interventi specifici e pratici. Il procedimento consiste nell’attivazione progressiva dei meccanismi basilari delle sfere dell’essere umano, fra le quali l’area psicomotoria, quella cognitiva, quella emotivo-affettiva e quella sociale. L’operatore della riabilitazione ha perciò cura di bilanciare il percorso terapeutico come passaggio ponderato fra le quattro aree, potenziandole con tecniche idonee e verificandole con opportuni controlli. La tempestività è un fattore determinante per dare migliori possibilità al programma terapeutico, tanto quanto la collaborazione nel team multiprofessionale, attraverso il quale si attuano strategie complementari e sincronizzate.

“Fate come gli alberi: cambiate le foglie e conservate le radici.

Quindi cambiate le vostre idee, ma conservate i vostri principi”

(V.Hugo)

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Bonfiglio N.S., Farneti P.M., Renati R. La resilienza tra rischio e opportunità. Un approccio alla cura orientato alla resilienza, Alpes, 2012.

Cantoni F., La resilienza come competenza dinamica e volitiva, Giappichelli Editore, Torino, 2014.

Cyrulnik B., I brutti anatroccoli. Le paure che ci aiutano a crescere, Frassinelli, Milano, 2002.

Cyruknik B., Il dolore meraviglioso. Diventare adulti sereni superando i traumi dell’infanzia, Frassinelli, Milano, 2000.

Malaguti E., Educarsi alla resilienza: Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi, Edizioni Erickson, Trento, 2005.

Rutter M.,  “Protective factors in children’s responses to stress and disadvantage”. In M.W. Kent & J. E. Rolf, Primary prevention of psychopatology: Vol. 3. Social Competence in Children, University press of New England, Hannover, 1979.

Selvini M., Sorrentino A.M., Gritti, M.C., “Promuovere la resilienza individuale sistemica. Un modello a sei fasi”, Psicobiettivo, ottobre, 2012.

Selvini M., “Mara Selvini Palazzoli: un’emblematica storia di resilienza”, Terapia Familiare, num 68, marzo, 2002.

Walsh F., “The concept of family resilience. Crisis and challenge”, Family Process, num 35, sept, 1996.

Walsh F., Strenghtening the Family Resilience, The Guilford Press, New York, 2006 trad. it. La resilienza famigliare, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2008.

Werner E.E., Smith R.S., Vulnerable but invincible: A study of resilient children, McGraw-Hill, New York, 1982.