a cura del Dott. Jonathan Lisci

Quest’oggi si celebra la giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. Tale ricorrenza, in questo particolare periodo storico, assume una rilevanza importante e ci invita ad una profonda riflessione su un fenomeno che, soprattutto nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, ha assunto proporzioni allarmanti.

Proprio in questi giorni gli organi di stampa hanno reso noti i dati relativi al 2020. Dal report si apprende come nell’anno che ci ricorderemo per la pandemia mondiale del covid 19, circa il 61% dei ragazzi intervistati ha riferito di essere stato vittima di episodi di bullismo e cyberbullismo. L’inchiesta portata avanti tra gli altri da Terre des Hommes, evidenzia come il genere non rappresenti un fattore discriminante poiché le vittime sono sia ragazzi che ragazze. Più nello specifico, il 44,57 % delle ragazze riferisce di aver provato un forte disagio nel ricevere commenti ed apprezzamenti non graditi, di carattere sessuale, online.

Un aspetto quello della rete, che soprattutto in occasione dell’isolamento forzato nei mesi del lockdown, si è rivelato particolarmente determinante nell’acuire l’incidenza del fenomeno. Sempre dall’inchiesta infatti emerge che, ad oggi, 6 ragazzi su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro online. Tra i rischi maggiormente temuti campeggia al primo posto il cyberbullismo, subito da oltre il 66% degli intervistati, seguito dalla perdita della privacy e, al terzo posto, dal un fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio, il “revenge porn”.

Quest’ultimo merita un approfondimento particolare poiché, proprio negli ultimi anni, anche in ragione del progresso tecnologico dei mezzi di comunicazione, ha subito una preoccupante impennata. Il revenge porn è salito agli onori della cronaca, dopo la morte di Tiziana Cantone, giovane ragazza campana che si è tolta la vita dopo aver appreso della diffusione in rete di alcuni filmati a carattere sessuale che la vedevano protagonista. Più in generale il revenge porn altro non è che la condivisione, attraverso la rete, di video o immagini private che ritraggono una persona durante un rapporto sessuale. Spesso ciò avviene come vendetta a seguita della fine di una relazione, da qui il nome “revenge”. Proprio a seguito di questa triste vicenda, il parlamento, con voto unanime, ha approvato una legge che punisce sia chi si macchia del reato di diffusione del filmato (con la reclusione sino a 6 anni) ma anche chi, avendolo ricevuto, lo invia a sua volta ad altri contatti.

In questa sede ci sembra importantissimo segnalare che, contattando la polizia postale, è possibile intervenire telematicamente per far sì che il filmato o i filmati incriminati, spariscano definitivamente dall’etere.

Tornando a bullismo e cyberbullismo è importante evidenziare come a preoccupare sia anche l’età di insorgenza. Questa infatti, negli ultimi anni, si è molto abbassata ed i primi episodi si verificano già intorno ai 5/6 anni (22%) ed in oltre il 25% dei casi, le vittime hanno meno di 10 anni.

Quando il bullismo si manifesta in età così precoce, le conseguenze possono essere decisamente più gravi poiché il bambino che lo subisce, da una parte non ha gli strumenti per comprendere fino in fondo ciò che gli sta accadendo, dall’altra non può di conseguenza mettere in campo delle strategie o dei comportamenti per farvi fronte. Sono tantissimi i bambini che soffrono in silenzio, stanno male, vivono delusioni o violenze e si tengono tutto dentro, esprimendo talvolta attraverso il corpo il loro malessere e sviluppando sintomi psicosomatici come mal di pancia, mal di testa o vomito (Ilola et al., 2016).

Un ulteriore aspetto da non sottovalutare riguarda le conseguenze su chi assiste a scene di bullismo. Anche i bambini che presenziano a situazioni in cui un amico viene bullizzato infatti, possono sviluppare conseguenze importanti, soprattutto legate al senso di impotenza di fronte a quanto sta accadendo ed al senso di colpa per non essere riuscito ad aiutare l’amico vessato.

Negli ultimi anni, si sono moltiplicate le iniziative di prevenzione grazie all’intervento delle istituzioni, prima tra tutte la scuola, sovente protagonista in questo ambito poiché frequentemente gli episodi si verificano all’interno delle mura scolastiche. Oltre alla scuola però, è importante che anche la famiglia rimanga vigile laddove dovesse accorgersi di un cambiamento nel comportamento e nell’umore dei propri ragazzi.

Ma quali sono i segnali da non sottovalutare qualora dovessero manifestarsi:

  • Comportamento e profitto. Generalmente tutto inizia con la comparsa di sinotmi fisici come mal di testa o mal di pancia e con la richiesta frequente di non andare a scuola. Ad essa si accompagnano difficoltà di concentrazione e maggior fatica nello studio con un conseguente calo del rendimento scolastico.
  • Segni fisici. È importante non sottovalutare la presenza di segni fisici, come graffi, lividi, ematomi, escoriazioni o segni di bruciature. È molto probabile che i ragazzi cerchino di nascondere l’origine violenta di tali segni e giustificandoli con cadute o scontri accidentali.
  •  Dimenticanze e piccoli furti. Importante rimanere all’erta rispetto a smarrimenti di oggetti che i ragazzi avevano portato a scuola oltre a salti di merende o di pranzi. Potrebbero inoltre verificarsi episodi di furto di oggetti o di piccole somme di denaro, destinate a foraggiare i propri aguzzini in cambio della tranquillità
  • Chiusura. I ragazzi giorno dopo giorno si isolano sempre di più non vogliono più uscire e ed evitano il contatto con i coetanei e con il gruppo dei pari che sia essa la compagnia di amici abituali o la squadra di calcio. Questo comporterà un peggioramento del tono dell’umore con chiusura ed isolamento.

Questi ed altri segnali, se colti, possono essere di vitale importanza per consentirci di intervenire in maniera precoce e tempestiva aumentando così la possibilità di risoluzione positiva.

Rispetto alla sintomatologia psicologica manifestata dalla vittima, è sempre opportuno avvalersi della consulenza di uno specialista (psicoterapeuta, neuropsichiatra infantile o psichiatra) al fine di valutare quale sia il miglior percorso per supportare il ragazzo in questa difficile situazione.