a cura della Dott.ssa Antonella Grimaldi
Il 15 Ottobre ricorre il Baby Loss Awareness Day è la giornata mondiale della consapevolezza sul lutto in gravidanza e dopo la nascita. Una giornata rivolta alla consapevolezza, facendo informazione e divulgazione di tutto ciò che ruota intorno al delicatissimo tema del lutto perinatale. Fare informazione e richiamare l’attenzione sulla morte intrauterina, aborto, morte neonatale o morte improvvisa del lattante. Una giornata in cui le associazioni offrono un aiuto concreto e un sostegno ai genitori che affrontano il lutto perinatale o nei primi giorni di vita, facendo attività di sensibilizzazione e informazione. In Italia, grazie all’associazione CiaoLapo, dal 2007 ad oggi, si sono accesi i riflettori sul delicatissimo tema ma soprattutto tanti genitori hanno trovato un porto sicuro e accogliente dove non sentirsi più soli con il proprio dolore. La giornata mondiale dedicata al Baby Loss termina solitamente con l’Onda di Luce. Un gesto nato da un concetto simbolico ideato dalle associazioni inglesi, alle ore 19.00 ora locale, tutti i partecipanti, ovunque essi siano, accenderanno una candela e la lasceranno brillare per un’ora, cosi che tutti possano sentirsi uniti in questo dolore che solitamente tende a isolarti. L’onda di luce rappresenta anche la speranza per tutti di favorire la ricerca e dare una spinta in direzione della prevenzione.
Come mai nasce l’esigenza di accendere i riflettori sul tema?
Per diversi motivi, per prima cosa, uno sguardo ai numeri, ogni anno, nel mondo nascono 130 milioni di bambini, di questi circa 10 milioni muoiono prima di compiere 5 anni e circa 8 milioni prima di compierne 1 (WHO, 2006). Alcune di queste morti avviene prima del parto (morte in utero) e altre dopo morte (perinatale). In Italia, le statistiche riportano un’incidenza di morte intrauterina (che si differenzia dall’aborto spontaneo per l’età gestazionale avanzata, superiore alle 22 settimane) di 3,5 su 1.000 nati vivi, per un totale annuo di circa 2.000 casi (74.117 aborti spontanei e 1.866 nati morti, su 540.315 nati vivi in Italia nel 2008, fonte ISTAT, 2009). Inoltre, l’esigenza di fare informazione sul delicatissimo tema del lutto perinatale o delle morti precoci, nasce anche dalle enormi difficoltà in primis, di disinformazione o di non gestione, da parte degli operatori nei servizi sanitari, dall’inesistenza, fino ad oggi, di programmi di presa in carico della coppia, o di protocolli che suggeriscono le giuste prassi in quei terribili momenti. In particolar modo, la difficile gestione del vissuto emotivo delle persone, (coppie, familiari, fratelli, operatori sanitari, medici ecc…) che sempre più spesso impreparati si trovano a dover affrontare quei drammatici momenti che precedono e seguono la comunicazione dell’ineluttabile notizia.
Lo smarrimento, l’incredulità, lo scollamento dalle emozioni, l’umore altalenante portano le persone a vagare in cerca di risposte, informazioni, suggerimenti, assistenza, supporto e sostegno un esempio di alcune delle domande tipiche può aiutarci a capire in parte i correlati emotivi e cognitivi sottostanti (e adesso…? È tutto finito! Cosa posso fare? Cosa devo fare? Vorrei vederlo/a ma non so se è meglio? Il funerale? L’autopsia? I controlli? Il parto come avverrà? La montata lattea? Avrei potuto evitarlo? Rinuncio alla maternità! Cosa devo fare delle sue cose? Era tutto pronto ed ora? Il senso di vuoto. Non è giusto! Vorrei morire io! Il dolore è insopportabile! Potrò ancora avere figli? Come posso dirlo ai miei familiari? Al fratellino/sorellina come posso dirglielo? Non sarò mai più felice! Tornerò ad essere felice? Si riesce a sopravvivere ed andare avanti?).
Oltre a quanto appena descritto, l’importanza di interventi specifici e tempestivi nella prima fase si dimostra essere fondamentale in quanto, azioni concrete fatte in un dato momento, favoriscono quello che poi avverrà in una seconda fase cioè il processo di elaborazione del lutto e accettazione. (si ritorna vivere…).
Ma cos’è il lutto perinatale?
Tecnicamente, la morte perinatale è la perdita del figlio che avviene tra la ventisettesima settimana di gravidanza e i 7 giorni dopo il parto. Il lutto perinatale tuttavia non è limitato solo a questo arco di tempo, ma si può estendere anche alla fine della gravidanza nel primo trimestre, all’interruzione terapeutica di gravidanza o alla morte endouterina di uno dei gemelli portati in grembo dalla madre. La coppia inizia a immaginarsi nel nuovo ruolo “mamma e papà” e intorno a questo inizia la progettualità di un futuro imminente con i rispettivi correlati emotivi che accompagnano questa stupenda fase di transizione. È proprio a tal proposito che il lutto perinatale in qualsiasi momento della gravidanza si verifichi assume tutte le caratteristiche del “Lutto” ma con un aggravante! Come descritto da Ravaldi(1996) il temine nato morto è un ossimoro, un assurdo concettuale insieme la vita e la morte, un evento inconcepibile e inaccettabile per l’essere umano tanto da far insorgere nella maggior parte dei genitori, dei familiari e del personale medico e assistenziale un blocco emotivo che si traduce spesso nel non parlare dell’argomento. Un tabù, una scaramanzia, una consuetudine, un qualcosa di troppo forte da non riuscire a descriverlo, diverse sono le motivazioni che spesso spingono verso la scelta del non parlare, del non affrontare o per meglio descrivere un meccanismo di mantenimento nell’evitamento attivo di quell’argomento ma non dei correlati emotivi. Molte coppie descrivono il lutto perinatale come un vivere in maniera automatica ma allo stesso tempo sentire il desiderio di morte (raggiungere tuo figlio).
L’elaborazione del lutto.
L’elaborazione del lutto è un processo dinamico e complesso che non segue un percorso standard e omogeneo per tutti, solitamente le coppie riescono ad attraversare tale periodo e a riorganizzarsi in tempi e modi diversi. La durata può variare all’incirca fra 6 mesi e i due anni e viene definito “tempo fisiologico” cioè come suggerito da Ravaldi il tempo necessario per iniziare a prendersi cura del proprio lutto rielaborandolo e cominciando a rivivere periodi di serenità. L’andamento nella fase di recupero è molto altalenante infatti a fasi di serenità o apparente serenità seguono fasi di stagnazione o di regressione, ma tutto ciò dipenderà da una serie di variabili.
In psicologia, la dimensione del lutto è stata ampiamente studiata da autori come Bowlby e Parkers (1980;1983). Bowlby e Parkers hanno osservato la reazione sia di adulti che di bambini di fronte alla perdita di una persona cara, individuando quattro fasi, che andavano dalla graduale presa di coscienza della perdita, al tentativo di recuperare il bene perduto fino ad arrivare nel lutto sano, all’accettazione e alla riorganizzazione del proprio mondo interno alla luce di tale mutamento (Mancini, Rainone, 2009):
1. Stordimento o incredulità: nella maggior parte dei casi questa fase dura da poche ore a qualche giorno ed è caratterizzata da un senso di incredulità per quanto accaduto. Frasi tipiche di questa fase sono “Non è vero”, “Non può essere accaduto”, “E’ soltanto un brutto sogno” ecc. Questa condizione mentale è caratterizzata da un sostanziale senso di calma che viene interrotta da esplosioni emotive che rappresentano il sopraggiungere della consapevolezza che quanto accaduto è assolutamente reale.
2. Struggimento, ricerca e protesta: nonostante la consapevolezza che quanto accaduto corrisponde a realtà non sia costante, la persona comincia in questa fase a sperimentare sentimenti di angoscia, ansia, dolore e disperazione. Ad essi si accompagnano tutta una serie di sintomi fisici tra cui l’insonnia, l’irrequietezza e la scarsa concentrazione con continui rimuginii sulle cause che hanno portato alla perdita.
3. Disperazione e disorganizzazione: dopo qualche tempo, quando si constata che le delusioni legate alla ricerca del bene perduto sono superiori alle soddisfazioni, si prova un forte senso di disperazione. La persona deve fare adesso i conti col vuoto generato dalla perdita e con la consapevolezza che non vi è più nulla da fare per rimediare. La ricerca non si interrompe del tutto, ma lo fa gradualmente, lasciando il posto ad una maggiore consapevolezza, sottolineata da scoramento e umore depresso. Piano piano il focus si allarga e riprende l’impegno in altre attività.
4. Accettazione: è l’ultima fase nel processo di elaborazione del lutto. In essa si ha una reale accettazione di ciò che è accaduto ed una sana spinta verso la riorganizzazione del proprio modo interiore alla luce della perdita. Il soggetto ristruttura il proprio progetto esistenziale e si avvia verso un nuovo percorso.
Ma dalle prime concettualizzazioni fatte sull’elaborazione del lutto ad oggi ci sono stati diversi passi avanti. Dati di ricerca ci spingono a guardare oltre e in particolare a prendere in considerazione in particolar modo l’approccio cognitivo-comportamentale, che sembra fornire nuove risposte per la possibile risoluzione della sofferenza.
Come evidenziato in un articolo di C. Perdighe F.Mancini , ormai nella letteratura degli ultimi vent’anni alcuni punti sono sostanzialmente chiari sul tema del lutto che dobbiamo tenere a mente. Innanzitutto, il lutto non è un processo/fenomeno unico (Bonanno et al., 2005; Stein et al., 1997); la sofferenza emotiva e la “elaborazione” non sono processi ne sempre presenti ne necessari alla risoluzione (Stroebe e Stroebe, 1991); e in fine che la mancanza di “reazioni necessarie” non è direttamente legata ad esiti patologici ma piuttosto a “reazioni di contrasto” legate a credenze e aspettative personali o a richieste interpersonali che focalizzano la propria attenzione su sentimenti di critica verso i propri vissuti di perdita e che creano un ostacolo per un cambiamento che funzionalmente porterà all’accettazione. I vincoli (constraints) interni o esterni e per lo più sociali legati all’espressione del lutto, determinano spesso esiti negativi (Lepore et al 1996). Inibire l’espressione o la manifestazione dei pensieri o emozioni legati alla perdita o l’idea/aspettativa della risoluzione del lutto entro certi limiti di tempo ad esempio, possono portare ad esiti negativi nel processo di accettazione del lutto.
Come procedere?
A tal proposito, si percepisce come intorno all’argomento lutto perinatale o post-natale esista un vero e proprio tabu’ e alla luce di quanto appena decritto, questa costante potrebbe alimentare le credenze sull’inibizione dell’espressione dei vissuti legati al lutto e per tanto ritardare o ostacolare l’elaborazione del lutto. Gli stessi familiari, amici, e altri significativi non sapendo cosa dire, cosa suggerire, o non sapendo come affrontare i momenti di sconforto dei loro cari spesso finiscono per non dire, evitando l’argomento. Il silenzio, quasi assordante, finisce molto spesso per determinare una serie di credenze e pensieri negativi legati alla possibilità di esprimere o meno il proprio dolore, portando i genitori a sentirsi ancora più isolati. L’altro aspetto che spesso indebolisce l’elaborazione e il processo di accettazione è lo sprono che le persone care o gli stessi professionisti in materia fanno alla coppia attraverso frasi del tipo: “non ci pensare, sei giovane, ne avrai altri, hai già un figlio pensa solo a lui, capita a tante coppie”. Questo seppur lodevole tentativo, finisce per sminuire il dolore per quella perdita e la coppia sperimenta solitamente un senso di vuoto e solitudine dettato da altri pensieri: “perché non devo pensarci?, e se non volessi altri figli? , e se invece volessi ma non potrò più?, sto sbagliando a piangere, non penso all’altro mio figlio?, e successo a tanti ma io ho perso il mio ora”, che accompagnano una serie di emozioni negative.
Inoltre, è da considerare come fattori che ostacolano l’elaborazione, tutte le buone prassi che dovrebbero essere seguite dal momento della diagnosi, alla scelta di poter/voler vedere il bambino/a dopo il parto, alle modalità del parto, alla raccolta di ricordi (Memory box vedi ass. CiaoLapo), alla scelta di celebrare il funerale o meno al programmare il rientro a casa ecc. L’insieme di questi momenti, azioni, scelte, potrebbero determinare ulteriori credenze ed emozioni che in un secondo momento possono favorire o meno la fase di accettazione. La psicoterapia cognitiva, a tal proposito, ipotizza come processo di accettazione un percorso rivolto al cambiamento “cognitivo” inteso come modifica delle credenze che sostengono l’investimento verso quello scopo. Oltre, quindi al non sentirsi soli grazie al lavoro di alcune associazioni, è importante suggerire alla coppia di prendersi cura del proprio lutto attraverso il supporto psicologico e psicoterapico.