Da “Larsen” di Caparezza, passando per Undici di Stranger Things fino alla testimonianza del percorso psicoterapeutico di Valentina, paziente ipoacusica con acufene bilaterale.
di Chiara Lignola, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Il 3 marzo è la giornata mondiale dedicata all’udito.Le patologie dell’orecchio sono molteplici e i tipi di sordità e di vissuti ad esse associate anche.
In questo articolo affronteremo due condizioni che possono coesistere come non: l’ipoacusia (la sordità completa o parziale) e l’acufene ponendo attenzione sulla sofferenza psicologica legata a queste condizioni e sull’utilità della terapia cognitivo comportamentale.
L’acufene
L’acufene è una sensazione sonora che viene percepita all’interno di un orecchio (o entrambi) oppure nella testa in assenza di uno stimolo uditivo esterno. Si manifesta sotto varie forme (dal ronzio al fischio, dal fruscio al sibilo, fino a un insieme di suoni complessi) e il rumore può essere di tipo continuo (quindi presente nell’arco di tutta la giornata) o intermittente, con variazione di volume e frequenza. Le cause possono essere molteplici e a volte transitorie. (Andersson, Baguley, McKenna & McFerran, 2012). Queste sensazioni uditive sono spesso descritte come fischi, sibili o ronzii. La maggior parte delle persone con acufene riporta un disagio significativo (Tyler & Baker, 1983): l’ acufene interferisce sul sonno, l’umore, la concentrazione e le emozioni a tal punto che in alcuni soggetti diventa difficile svolgere le attività quotidiane (Davis & El Refaie, 2000). Purtroppo una soluzione a questa patologia non esiste. I pazienti con acufene avrebbero livelli più elevati di depressione e ansia rispetto alla popolazione sana (Andersson, 2002) e ciò aggraverebbe il disagio causato dall’acufene (Londero et al., 2006).
A soffrire di acufene è il 10% della popolazione mondiale. In Italia, sono più di 3 milioni gli adulti colpiti da acufene. (Axelsson & Ringdahl, 1989; Davis & El Refaie, 2000).
Nel mondo sono circa 360 milioni le persone affette da deficit uditivi. Tra queste cantautori, compositori e chitarristi che a causa dell’esposizione costante ai volumi alti soffrono di sordità parziale o acufene. Da Ludwig van Beethoven fino a Chris Martin, passando per Phil Collins, Sting e Gino Paoli la maggior parte dei musicisti è stata, o è tutt’ora, soggetta a perdita parziale dell’udito o affetta da acufene (tinnitus).
Come riporta il Guardian, la moglie di Craig Gill, batterista degli Inspiral Carpets, ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede una maggiore sensibilizzazione riguardo agli effetti dell’acufene. Questo dopo che un’inchiesta sulla morte di suo marito ha raggiunto un open verdict, cioè l’impossibilità di stabilire le cause di un decesso.
Il Cantante italiano Caparezza con l’uscita del suo ultimo disco nel 2017, Prisoner 709, ha raccontato la sua esperienza personale in numerose interviste: da giugno del 2015 ha iniziato a soffrire di acufene descritta in alcune interviste rilasciate come una “sensazione di essere ingabbiato nel mio corpo con una specie di guantanamo che mi faceva sentire sempre la stessa roba”. Nella sua canzone “Larsen” (ndr da effetto Larsen ovvero il feedback acustico di ritorno stridente emesso dai microfoni) descrive il suo vissuto nel quale molte persone affette dal solito disturbo si possono rispecchiare. Tra le sue parole, riportate di seguito, Caparezza descrive le difficoltà quotidiane e la sofferenza causatagli dalla sua condizione:
“L’ho conosciuto tipo nel 2015, visto che ancora ci convivo, brindo quindi “cin”. Da allora nei miei timpani ne porto i sibili, ogni giorno è come fossi di ritorno da uno show degli AC/DC. Larsen fischiava per la mia attenzione un po’ come si fa con i taxi, senza una tregua una continuazione ma come si fa a coricarsi? Da solo nel letto a dannarmi, nella stanza cori urlanti. Di colpo leggevo i labiali quindi basta coi romanzi. Lo potevo calmare al mare, quiete stellare, Antares. Con l’orecchio preso a mazzate, Conor McGregor, Alvarez. Uno squillo ossessivo come un pugno sul clacson, primo pensiero al mattino, l’ultimo prima di buttarmi giù dal terrazzo.Fischia l’orecchio, infuria l’acufene. Nella testa vuvuzela mica l’ukulele. La mia resistenza è quella zulu, cede. Se arriva Larsen te lo devi tenere. Parlo di Larsen e metto mano alla fondina, alzo la cortina, sentivo fischi pure se il locale carico applaudiva, calo d’autostima. Non potevo ascoltare la musica come l’ascoltavo prima, io Lagostina, una pressione continua, la depressione poi l’ira. Mi rivolsi ad uno specialista che mi disse c’è una sola cura, come prima cosa nella lista parla con l’orecchio, chiedi scusa, poi compresse, flebo doppie, RM, ecodoppler, ecodiete, ecatombe, Larsen indenne, era stalker. Credevano che fossi matto, volevano portarmi dentro, ho visto più medici in un anno che Firenze nel rinascimento. Stress iniziano a dire, non sanno che pesci pigliare a parte quello d’aprile, vorrei vederlo sparire ma…Fischia l’orecchio, infuria l’acufene. Nella testa vuvuzela mica l’ukulele. La mia resistenza è quella zulu, cede. Se arriva Larsen te lo devi tenere fino alla fine, fino alla fiiiiiiiiiiii. So come ama Larsen e so com’è ammalarsene, so che significa stare in un cinema con la voglia di andarsene. Contro Larsen, l’arsenale, non pensavo m’andasse male, solo chi ce l’ha comprende quello che sento nel senso letterale e poi non mi concentro, mi stanca, sto invocando pietà, Larsen. Il suono del silenzio a me manca più che a Simon e Garfunkel. Nel cervello c’è Tom Morello che mi manda feedback: “Hai voluto il rock, ora tienilo fino alla fine!”Fino alla fine, fino alla fine, fino alla fine…”
Ipoacusia
L’ipoacusia è l’indebolimento dell’apparato uditivo dovuta a un danno o alla degenerazione di uno o più dei suoi componenti. Esistono diverse classificazioni in base alla sede del danno causante ( trasmissiva, neurosensoriale, percettiva, mista ecc.) e in base all’entitòà §§(media, lieve, profonda, sordità). L’ipoacusia può essere unilaterale o bilaterale a seconda che colpisca un solo orecchio o entrambi. Una persona che soffre di ipoacusia ha una diminuita percezione uditiva dei suoni rispetto a un normoudente.
Nello scorso autunno la giovanissima e talentuosa Millie Bobbie Brown, diventata famosa interpretando il ruolo di “Undici” nella Serie Strangers Things, ha dichiarato alla rivista Variety di essere quasi del tutto sorda dall’infanzia da un’orecchio e di non riuscire a sentire la propria voce completamente durante le sue performance. Successivamente in un’intervista televisiva per un canale australiano ha riportato di aver avuto sempre difficoltà a comprendere gli altri e che durante le riprese della serie, a causa della sua incapacità di sentire i comandi degli assistenti alla regia e alla produzione, questi dovevano gridarle il comando“azione!” a gran voce o scriverlo su dei cartelli che lei potesse vedere. La sua testimonianza ha colpito molti dei suoi fan: una ragazza così piccola e talentuosa e determinata che portava in realtà con se un handicap e un relativo vissuto di sofferenza che non l’hanno comunque fermata nel raggiungimento dei suoi sogni e obiettivi professionali.
Stefania 37 anni, affetta da ipoacusia neurosensoriale e acufene racconta:
“Soffrire di ipoacusia monolaterale significa perdere totalmente la stereofonia, quella che ti consente di sentire da dove viene un suono. Ti ritrovi quindi a vagare per la casa, in ogni stanza, per capire chi ti abbia chiamato e da dove. Non hai la minima idea da quale parte il suono sia arrivato. …Ho iniziato a vivere nella paura che mi succedesse qualcosa anche all’altro orecchio…I miei acufeni sono continui. Li ho 24h su 24h e assomigliano allo “scroscio di una cascata unito al rumore di una luce al neon”…Le prime due settimane ho pensato di impazzire. Ero convinta che non avrei superato anche questa ennesima prova della mia vita. Ma, purtroppo o per fortuna, impariamo ad abituarci a tutto…Se uno pensa al fatto di rimanere totalmente sordo ad un orecchio può quindi credere semplicemente che “non sentirebbe da un lato”…tutto qui..in realtà non è così semplice (…) stanchezza e deficit cognitivo:”non capisco perché ma…faccio fatica a ricordare le cose, a formulare le frasi, a trovare le parole giuste…talvolta accavallo i vocaboli e mi stanco subito ad ascoltare…mi perdo!”…Una parte del cervello non viene più allenata mentre il resto della tua massa cerebrale deve faticare molto di più a svolgere le funzioni della parte assente. Più fatica il cervello prima si ammala. ….La sordità non è una menomazione mortale ma lo è in senso lato, socialmente e nel mondo del lavoro. I discorsi lunghi, sia di persona, sia al telefono, mi sfiancano; mi stanco, mi perdo. Dopo un po’ il mio cervello sembra non reggere… colgo le “parole chiave”….oppure colgo le parole chiave solo perché effettivamente non le sento o perché sono in un luogo rumoroso e ne identifico solo alcune aiutandomi col labiale”
Ma cosa può fare la psicoterapia per le persone ipoacusiche e/o con acufene?
La terapia cognitivo comportamentale sembra essere il trattamento d’elezione. In particolare, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è rivelata efficace in coloro che soffrono di acufene, in quanto agirebbe sulla percezione e assuefazione piuttosto che sull’ acufene in sé, (Andersson, 2002) e segue metodi standard sviluppati per altri problemi come l’ansia e il dolore (Hawton, Salkovskis, Kirk, & Clark, 1989; Philips & Rachman, 1996). Tra le terapie chiamate di terza ondata o terza generazione della psicoterapia cognitivo comportamentale, la mindfulness sembra riportare rilevanze cliniche risulta efficace per una vasta gamma di malattie (cancro, il dolore cronico, l’asma, il diabete, la fibromialgia, disturbi gastrointestinali, malattie cardiache e ipertensione) aiutando le persone a ridurre lo stress psicologico correlato a malattie croniche o a condizioni terminali, per questo, a giusta ragione, applicabile anche in caso di pazienti con ipacusia e acufene (Kabat-Zinn, 1982). Per mindfulness si intende “la consapevolezza che emerge dal prestare attenzione di proposito, nel momento presente e in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza, momento dopo momento” (Kabat-zinn, 2003). La Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT) integra il programma della Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) proposta da Kabat-Zinn come integrazione tra le tecniche di meditazione buddista e la pratica medica e psicologica e la psicoterapia cognitivo comportamentale. Lo sviluppo di tale consapevolezza permette una crescente comprensione e una graduale riduzione dei pensieri automatici negativi e risulta molto efficace nei disturbi depressivi.
Riportiamo di seguito la testimonianza di Valentina, 36 anni, affetta dal 2013 da ipoacusia e acufene bilaterale a causa di otosclerosi bilaterale. Valentina ha subito un intervento di stapedectomia per migliorare il suo udito e ha seguito un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale a orientamento funzionalista, con l’applicazione della mindfulness.
“La psicoterapia è stata un’ancora. Quando ormai vivevo infondo al mare, un mondo fatto di visi e di suoni solo sommersi, ricevere un sostegno non è stato solo importante ma fondamentale. Visto da fuori e da lontano, era una montagna altissima, e la cima era nascosta da nuvole e nebbia, non la vedevo nemmeno! Ero sola, e grazie alla mia psicoterapeuta ho capito che potevo affrontare il percorso verso l’intervento anche così. Avere qualcuno che ti dice che per raggiungere la cima puoi organizzarti per fare un passo alla volta non è poco! Dipanare la matassa, questo mi serviva. Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a capire da dove cominciare. Ma soprattutto che mi sostenesse, che mi aiutasse ad accettare i pensieri negativi, anche che mi dicesse che avevo ragione, che non sminuisse il mio vissuto, che non banalizzasse mai il problema, che non lo riducesse a “…ma che sarà mai! Non l’hai mica perso del tutto l’udito!” “…e allora quelli che nascono sordi?” come mi sono sentita dire da molti, da amici, da familiari. Lo capivo, se non ci passi non puoi saperlo, ma capirlo non lo rendeva meno sconfortante. Ecco era sconfortante. La parte più problematica è stato “superare” l’acufene. Infatti non l’ho superata. Lui è lì. Un incessante, ronzante lampada a neon nel cervello. Non si ferma mai. Neanche di notte? No, neanche di notte. A volte mi sveglia addirittura. I momenti più spaventosi sono quando per qualche secondo il mondo sonoro smette di esistere e l’acufene diventa un unico sottile altissimo suono, che sovrasta qualsiasi altra cosa. In quei momenti sembra davvero di affogare. La Mindfulness è stata importante per l’acufene. Non ci sono soluzioni ad oggi: né chirurgiche, né farmacologiche perciò imparare a conviverci era l’unica strada che avevo da percorrere. E’ stato difficile. La pratica stessa lo è, per chi come me dava per scontata la concentrazione: prima era facile concentrarsi su quello che facevo. Ora non lo è più. Con la pratica Mindfulness ho capito che posso esercitare la concentrazione. Non leggevo quasi più. Poi la scorsa estate in vacanza ho letto un libro. Ed è stata una conquista! Non è stato semplice purtroppo. Ma ora so che è possibile. Anche il trapano del dentista, che è diventato non solo dolore fisico ma sonoro anche, è un inferno superabile, ma soprattutto “affrontabile”. Con la dovuta dose di ansia, certo, ma vivibile”
Bibliografia consigliata
Psicoterapia cognitiva
Perdighe C. Mancini F. (2010) Elementi di psicoterapia cognitiva. Giovanni Fioriti Editore
Rainone A., Mancini F. 2007 Approcci-cognitivi-della-depressione. Gli approcci cognitivi alla depressione. Franco Angeli
Mindfulness
Kabat-Zinn (2010) Vivere momento per momento. Sconfiggere lo stress, il dolore, l’ansia e la malattia con la saggezza di corpo e mente. Tea Editore
Chiesa A. (2011) Gli interventi basati sulla Mindfulness. Cosa sono, come agiscono, quando utilizzarli. Giovanni Fioriti Editore.
Bibliografia di riferimento
Andersson, G. (2002). Psychological aspects of tinnitus and the application of cognitive–behavioral therapy. Clinical Psychology Review, 22(7), 977-990.
Axelsson, A., & Ringdahl, A. (1989). Tinnitus — A study of its prevalence and characteristics. British Journal of Audiology, 23(1), 53−62.
Baguley, D., Andersson, G., McFerran, D., & McKenna, L. (2012). Tinnitus: A multidisciplinary approach. John Wiley & Sons.
Davis, A., & El Refaie, A. (2000). Epidemiology of tinnitus. In R. S. Tyler (Ed.), Tinnitus handbook (pp. 1−23). San Diego, CA: Singular.
Henry, J., Wilson, P. (2012). Acufeni. Manuale di sopravvivenza. Springer Editore.
Kabat-Zinn J., et al. (1982).An Outpatient Program in Behavioral Medicine for Chronic Pain Patients Based on the Practice of Mindfulness Meditation: Theoretical Considerations and Preliminary Results General Hospital Psychiatry. 1982 Apr;4(1):33-47.
Londero, A., Peignard, P., Malinvaud, D., Avan, P., & Bonfils, P. (2006). Tinnitus and cognitive-behavioral therapy. La Presse Médicale, 35(9-C1), 1213-1221.