del dott. Dario Pappalardo

“la InterPersonal Therapy (IPT) utilizza un linguaggio relazionale immediatamente comprensibile da una mente, quella umana, che è appunto una mente relazionale”

Con questa riflessione del dott. Luca Maggi, che richiama alla semplicità, ma non alla faciloneria, con la quale questa procedura terapeutica si rivolge al malessere umano, viene dato il via alla prima giornata del “corso basico di formazione in Psicoterapia Interpersonale – Livello A”, iniziativa che s’inserisce nell’ambito di un progetto più ampio di formazione e disseminazione dell’uso della IPT nella depressione, e dei suoi adattamenti in Italia. La prima giornata di formazione si è tenuta Sabato 29 Aprile a Lucca, presso il Centro Pandora, mentre la seconda si terrà Sabato 20 Maggio presso gli Studi Professionali Medicei di Seravezza.

Della introduzione alla IPT si è fatto carico il succitato dott. Luca Maggi, Psichiatra Psicoterapeuta, Dottore di ricerca in neuropsicofarmacologia clinica, supervisore certificato alla IPT e segretario della Società Italiana di Psicoterapia Interpersonale (SIPINT), introducendo il curioso lavoro svolto negli anni ’60 e ’70 da Gerald Klerman e Mirna Weissman, i quali hanno sviluppato la IPT in maniera del tutto casuale, mettendola a punto come generica forma di terapia con cui confrontare i risultati di farmaci e psicoterapie per la depressione nei Randomized Clinical Trial (RCT), infatti la IPT, che ancora non si chiamava così, è stata creata come intervento psicoterapico breve, di facile applicazione, con obiettivi limitati (migliorare i problemi interpersonali dei pazienti depressi), verificabile nell’arco di 8-16 settimane (ovvero la durata standard di un RCT). In altre parole, per dirla con Stuart e Robertson, la IPT è stata sviluppata come “un trattamento inerte, o al massimo, una semplice codifica di fattori terapeutici aspecifici comuni a tutte le psicoterapie” finalizzata a rivestire il ruolo di plausibile psicoterapia di controllo in studi tesi a valutare l’efficacia comparativa dei farmaci e degli approcci psicoterapeutici per la depressione, finendo di fatto per essere riscontrata essa stessa come efficace. L’esaustivo intervento del dott. Maggi ha inoltre avuto il merito di illustrare in maniera chiara e completa il modello di intervento della terapia e le modalità di indagine processuale in corso di colloquio. 

Successivamente, la dott.ssa Maria Stella Aloisi, Psicologa Psicoterapeuta,  Socio ordinario SIPINT, ha tratteggiato l’evoluzione storica della IPT a partire dai principali fondamenti teorici e dai suoi rappresentanti: Adolf Meyer, per lo spostamento di attenzione dall’intrapsichico all’interpersonale, Harry Stack Sullivan, per la diffusione della scuola interpersonale in America, John Bowlby, per la teoria dell’attaccamento, ovvero per la ricerca scientifica sul rapporto interpersonale più importante: il rapporto madre-figlio. La Dott.ssa Aloisi ha ripercorso, a titolo di esempio, il famoso caso di Dora trattato da Freud, in chiave interpersonale evidenziando il focus della IPT in contrapposizione a quello della terapia psicanalitica.

Il Dott. Marco Saettoni, Psichiatra, Psicoterapeuta, Dottore di ricerca in neuropsicofarmacologia clinica, Supervisore certificato alla IPT, Didatta della scuola di psicoterapia cognitiva APC SPC di Roma e membro del consiglio direttivo della SIPINT, ha invece trattato in maniera teorico-analitica due delle quattro aree problematiche prese in oggetto dalla Terapia Interpersonale – lutto e transizione di ruolo – delineandone gli aspetti, le modalità di indagine per la loro rilevazione e le modalità di intervento, chiarendole con casi clinici esemplificativi:

  • Transizione di ruolo: Focus dell’IPT quando la depressione si associa a difficoltà nell’affrontare situazioni che richiedono un cambiamento di ruolo e in particolare quei cambiamenti
    che sono vissuti dall’individuo come una perdita (e.g. separazione/divorzio, difficoltà economiche,
    malattie, trasferimenti), oppure, nelle transizioni “normative” (richieste dallo sviluppo biologico, da modelli sociali o culturali) come ad esempio adolescenza, parto, menopausa, vecchiaia, ingresso all’università, matrimonio e pensionamento.
  • Lutto:  quando la depressione è collegata ad
    abnormi reazioni di dolore derivanti dall’incapacità di attraversare le varie fasi del normale processo di lutto.

Infine, la dott.ssa Maria Liberti, psichiatra, psicoterapeuta ad orientamento interpersonale, si è occupata di descrivere capillarmente le due restanti aree problematiche al centro della pratica e teoria della IPT:

  • Contrasto di ruolo: Situazione in cui il paziente e almeno un’altra persona a lui significativa vivono aspettative non reciproche sulle loro relazioni, evidenziata dalla presenza di conflitti espliciti o nascosti, ripetitivi, che comportano uno stallo nella relazione, o che sono vissuti come irrisolvibili.
  • Deficit interpersonale: Situazione nella quale la depressione è associata ad una storia d’impoverimento sociale con relazioni inadeguate o inconsistenti. Si tratta dell’area più difficoltosa da gestire, anche perché priva, a differenza delle altre tre aree, di un evento focale acuto alla sua base, e che richiede con ogni probabilità un trattamento più lungo.

La IPT è stata tradotta in un manuale operativo dal titolo “la psicoterapia interpersonale della depressione”, ed. Bollati Boringhieri.